Luoghi di valore/Outstanding Places

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Con l’obiettivo di sperimentare i principi della Convenzione Europea del Paesaggio, la Fondazione Benetton Studi Ricerche ha invitato i cittadini a individuare paesaggi e luoghi della provincia di Treviso e a partecipare così a una ricerca collettiva attraverso la quale poter esprimere a questo proposito le proprie opinioni, aspirazioni e desideri. Le 749 segnalazioni raccolte nelle 6 edizioni del progetto Luoghi di valore (2007-2012), raccontano il punto di vista dei singoli individui e delle comunità che nei luoghi abitano. Centinaia di cittadini, decine di amministratori pubblici, scuole, associazioni, esperti e studiosi hanno contribuito all’indagine, che si è accresciuta nel tempo e ha suscitato l’interesse della comunità scientifica internazionale.

I contenuti delle segnalazioni vanno oltre l’ambito geografico dell’iniziativa e costituiscono una straordinaria chiave di accesso a questioni di portata generale, a partire da quella del rapporto persona/luogo e comunità/luogo che, con diverse declinazioni, sempre più appare ingrediente sostanziale di quello che Domenico Luciani, ideatore del progetto, chiama “il nostro stare al mondo”.

Esistono luoghi che, in misura diversa, sono essenziali per la nostra serenità perché creano una sorta di legame, un punto di contatto e di interazione tra i fenomeni globali e l’esperienza individuale. Attraverso i luoghi diamo significato al mondo e ci muoviamo in esso o, per citare le parole di Ippolito Pizzetti, è proprio il luogo che «mi aiuta a cercare il mio accesso al mondo».

Il volume raccoglie contributi di Anna Lovisetto, Domenico Luciani, Joan Nogué, Massimo Rossi, oltre che della curatrice Simonetta Zanon.

 

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In Treviso. La città dentro le mura

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Un volume fotografico dedicato interamente alla città di Treviso dentro le mura, attraverso il suo patrimonio storico artistico e la sua quotidianità. 

Un volume che presenta al suo interno diverse anime: una autentica documentazione della città; fotografie che descrivono la quotidianità; fotografie che raccontano coesistenze: la storia e il contemporaneo: elementi ed architetture diverse che si fondono.

Il risultato di questo studio è stato guidato e curato nei suoi aspetti tecnici e qualitativi dal Maestro Orio Frassetto, le fotografie sono state realizzate dai soci dell’Associazione OrioFrassetto Photogroup.

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La geografia serve a fare la guerra?

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Mappe, atlanti e opere d’arte racconteranno la grande forza comunicativa e persuasiva delle carte geografiche.

Le mappe sono un potente mezzo di comunicazione non verbale e il contesto delle celebrazioni della Grande Guerra offre un valido pretesto per indagare sulla loro capacità di influenzare l’opinione pubblica quando assecondano il punto di vista degli Stati Maggiori. Per questo il percorso espositivo si concentra sul periodo storico che va dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento, ma parte dall’antichità e arriva ai giorni nostri per raccontare anche un’altra geografia possibile, non per forza asservita alle logiche militari.

La prima sezione, “Rocce e acque”, mostra come con un semplice e perentorio segno – il confine naturale – le mappe indurranno monti e fiumi a diventare strumenti capaci di separare e dare forma fisica a gruppi etnici, linguistici, nazioni per trasformarli da “espressione geografica” a stati.

La seconda sezione, “Segni umani”, si occupa di raccontare l’uso del sapere geografico a fini propagandistici per trasmettere con forza l’idea di nazione ancora prima della sua ufficiale proclamazione politica.

La terza parte, “Carte da guerra”, porrà l’accento sulla coesistenza di due approcci culturali apparentemente inconciliabili, nel contesto della Prima guerra mondiale: simboli grafici per significare la smisurata industria bellica disseminata sul fronte del Piave, insieme a segni che testimoniano la presenza di migliaia di colombi viaggiatori che informano e trasmettono ordini. L’allestimento che Fabrica propone è un viaggio esperienziale, alla scoperta delle diverse mappe geografiche e dei luoghi che le hanno ispirate, attraverso la creazione di ambienti che coinvolgono il pubblico a percorrerli, a interagire con essi.

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Scamozzi in cantiere

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In quale misura e se questo «dissegno» di Vincenzo Scamozzi, commissionato da Gerolamo Cornaro nel 1596, «per la fabrica delle stalle, luoghi da carozze, stanze et entrate de mezo a longo la strada nella corte vicino al suo pallazzo de Piombino» possa costituire il modello progettuale della concezione teorica «della casa rurale per padrone di molti poderi e di grossissime entrate» che avrebbe dovuto avere «comoda habitatione per i Castaldi, ò fattori di Villa, e serventi», dovendo inserire la propria invenzione all’interno di una partitura scritta da Michele Sanmicheli che «a Piombino fece la casa cornara», con a due passi il palazzo di paternità palladiana, «ch’è di gran valore per la sua struttura, ma non di rendita corrispondente» non ancora completo «Da una parte [dove] vi è la cucina, e luoghi per massare, e dall’altra i luoghi per servitori» vincolato ad intervenire su un antico fabbricato da restaurare ed ampliare…

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Dimore d’Epoca

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Dimore d’Epoca propone il resoconto fotografico di un insolito giro d’Italia in oltre 100 strutture, raggruppate in 24 itinerari per viaggiare alla [ri]scoperta del meraviglioso patrimonio storico e paesaggistico di questa incredibile penisola. 

Il libro, offerto al pubblico al prezzo di Euro 49, è un regalo da fare a sé e agli altri, motivati dal buono sconto inserito di Euro 49€ (pari valore del volume) da utilizzare per l’acquisto di un soggiorno turistico in una delle 100 Dimore d’Epoca.

«Abbiamo il piacere – e la grande responsabilità – di essere i padroni di casa del paese più bello del mondo e, proprio in virtù di questo importante ruolo, dobbiamo fare del nostro meglio affinché i nostri ospiti siano accolti nel migliore dei modi possibili. Questo libro apre una porta su questo mondo, permettendo a chi ne sfoglia le pagine di entrare a sbirciare in ognuna delle splendide residenze che rappresenta, come se fosse un amico accolto con gusto e gentilezza. Le immagini qui presenti offrono lo spunto per percorrere itinerari da seguire con il cuore, che lasceranno, in chi deciderà di seguirli, il ricordo di momenti belli, vissuti intensamente.»

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La bottega Cadorin

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Catalogo della Mostra, Palazzo Fortuny Venezia, 26 novembre 2016 – 27 marzo 2017

La straordinaria eredità storica e artistica della famiglia Cadorin è testimonianza viva dell’intensa attività di almeno tre generazioni di artisti, architetti, musicisti e fotografi attivi a Venezia dall’Ottocento, fino ai giorni nostri. Ciò che affiora è uno straordinario affresco, una fotografia nitida di molte vite – dallo scultore Vincenzo al fotografo Augusto Tivoli, dai liutai Fiorini, all’architetto Brenno del Giudice per giungere fino ai pittori Guido Cadorin, Livia Tivoli, Ida Barbarigo e Zoran Music – un vero e proprio “patrimonio culturale” da valorizzare.

La Fondazione Musei Civici, con la mostra La bottega Cadorin. Una dinastia di artisti veneziani vuole rendere omaggio non solo alla creatività di una dinastia di artisti presenti nella Serenissima da più di trecento anni, ma allo spirito del “far bene”, lo spirito della bottega che è non solo un modo di vivere ma di pensare.

Oltre duecento opere approdano nelle sale di Palazzo Pesaro degli Orfei: sculture, disegni, bozzetti, dipinti e fotografie dell’eclettica produzione di bottega e d’atelier. Un percorso espositivo in grado di evocare e documentare il vivace contesto intellettuale veneziano tra la fine dell’Ottocento e per tutto il secolo breve.

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Le Foreste dei Meli Selvatici del Tien Shan

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Il dossier raccoglie una ventina di contributi e una ricca documentazione fotografica attuale – in gran parte realizzata da Catherine Peix – e storica sul luogo e sulle molte questioni da esso poste. Come di consueto il dossier fornisce anche alcune documentazioni cartografiche e una serie di riferimenti bibliografici utili per ulteriori approfondimenti.

Dopo la prima parte più direttamente connessa al Premio Carlo Scarpa, segue una sezione di 6 testi dedicati al Malus sieversii e alle sue foreste nel Tien Shan, al contesto storico e geografico del Kazakistan, a quello più ampio delle vie della seta, per poi prendere in esame la figura chiave dello scienziato Aymak Djangaliev e l’associazione Alma, che ne fa conoscere l’opera. 

Seguono 4 contributi che da differenti punti di vista disciplinari guardano a quello che sinteticamente possiamo definire come il rapporto, da sempre vivo e complesso, tra le piante, il paesaggio e l’uomo. Naturalmente anche l’economia, la politica e le tecno-scienze hanno molto a che vedere con la storia e l’attualità di queste foreste, e con il nostro sguardo verso i meli selvatici, il “selvatico” rispetto al “coltivato”.

Infine, sul melo e la mela, alcune finestre più direttamente aperte su alcuni specifici contesti europei di attuale coltivazione del melo in Trentino-Alto Adige, su esperienze di agroecologia in Francia e sul paesaggio del melo dell’Appennino, per finire, grazie a un approfondimento sull’Istituto Vavilov di San Pietroburgo, con alcune riflessioni per una visione globale delle risorse genetiche mondiali.

 

Indice del volume:

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 1990-2016, 4

Regolamento e Comitato scientifico, 5

Le foreste dei meli selvatici del Tien Shan. Motivazione del Premio Carlo Scarpa, 6

Catherine Peix, Malus sieversii: la specie selvatica all’origine della mela coltivata, 17

Natalya Ogar, La distribuzione e l’ecologia del melo selvatico asiatico nel Tien Shan, 25

Natalya Ogar, Il Kazakistan. Sintesi geografica e storica, 36

Massimo Rossi, L’antica via della seta, i grandi imperi e la migrazione dei meli, 43

Tatiana Salova e Catherine Peix, La vicenda umana e scientifica di Aymak Djangaliev (1913-2009), il “padre” del Malus sieversii, 49

Catherine Peix, L’Associazione Alma, 57

Silviero Sansavini, Il pomo, l’albero, il frutteto: origine ed evoluzione in coltura del melo, 63

Giuseppe Barbera, I paesaggi del melo, 71

Diego Rivera e altri, Addomesticamento e conservazione di alberi da frutto selvatici in Eurasia, 87

Hervé Brunon, Discorso di un melo “selvatico”, o la capacità di agire delle piante, 97

Joan Vicente i Rufí, L’Asia Centrale e la nuova via della seta. La geopolitica come palinsesto, 103

 

Catherine Peix, Nikolaj Vavilov e Trofim Lysenko: “la guerra delle due scienze”, 111

Francesco Sottile, Manipolazioni genetiche, economie, paesaggi, biodiversità, 124

Massimo Tagliavini, Wolfgang Drahorad, Andrea Fedrizzi, Il melo nelle valli alpine del Trentino-Alto Adige, 127

Fabrizio Fronza, La coltivazione del melo in Trentino, 132

Évelyne Leterme, Agroecologia e biodiversità, amiche del frutteto, 141

Isabella Dalla Ragione, Il melo nel paesaggio dell’Appennino, tra storia e cultura, 147

Catherine Peix, Vavilov e il suo istituto. Una visione globale delle risorse genetiche mondiali, selvatiche e coltivate, 152

Bibliografia, 162

Referenze sulle illustrazioni, 166

Elenco degli autori, 167

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2016, 168 

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L’Accademia di Belle Arti di Venezia. L’Ottocento

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Una monumentale opera, che abbraccia tre secoli – Settecento, Ottocento e Novecento – indaga, attraverso documenti, incisioni, libri, dipinti, disegni e gessi, la storia completa dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, dal 1750 ai giorni nostri.

I tomo

– I “Discorsi” all’Accademia nell’Ottocento, F. Bernabei

– La scuola di architettura dopo il 1850: dal suo rilancio al progetto per un Istituto superiore, G. Zucconi

– Nel complesso della Carità. Restauri e adattamenti per la nuova sede dell’Accademia, M. Bisson

– Disegno geometrico e storia dell’arte nell’Accademia di Pietro Selvatico (1849-1859), A. Auf der Heyde

– Leopoldo Cicognara e i rapporti con Vienna riguardanti l’Accademia di Belle Arti di Venezia, E.M. Baumgartner

– I gessi dell’Accademia di Belle Arti nell’800, E. Noè

– L’Accademia fra Austria e Italia: frammenti di una stagione di mezzo, M. Nezzo

– Il restauro a Venezia nell’Ottocento: un “affaire accademico”, G. Perusini

– “Per la salvaguardia delle Belle Arti”: l’esercizio della tutela e le commissioni accademiche, I. Collavizza

– La misura del bello. La Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Venezia negli anni di Leopoldo Cicognara, A. Munari

– Fotografie e fotografia nella storia dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, 1850-1950 CA, S. Filippin

– L’Accademia di Belle Arti di Venezia e le grandi esposizioni: rapporti e relazioni internazionali per la promozione degli artisti, S. Portinari

– Apparati effimeri, costumi, allestimenti scenici e prontuari di modelli tra Neoclassicismo e sentimento romantico, I. D’Agostino

– Le esposizioni all’Accademia di Venezia nel corso dell’Ottocento. Appunti per un “catalogo delle opere esposte”, N. Stringa

II tomo

– L’Accademia nelle carte. Aspetti istituzionali e guida all’archivio storico (1806-1950), E. P. Zanon, N. Piazza

– La scuola di Pittura nell’Ottocento, A. Bellin

– Le scuole di statuaria e scultura, E. Catra

– La scuola di paesaggio, M. Gardonio

– Alunnato di Roma, E. Covre

– Il disegno all’Accademia di Venezia nell’800, N. Stringa

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L’Accademia di Belle Arti di Venezia. Il Novecento

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Una monumentale opera, che abbraccia tre secoli – Settecento, Ottocento e Novecento – indaga, attraverso documenti, incisioni, libri, dipinti, disegni e gessi, la storia completa dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, dal 1750 ai giorni nostri.

I tomo – SAGGI

– L’Accademia nel Novecento (e oltre…), S. Salvagnini

LE SCUOLE

– Le Scuole di Pittura e Decorazione nel primo Novecento, L. Poletto

– La scuola di Pittura e la scuola di Decorazione (1927-1950), G. Bianchi

– Scuola di pittura ed evoluzione dell’accademia dopo la seconda guerra mondiale. Da Cadorin a Zotti (1945-1990), S. Salvagnini

– Dal Zotto, Canonica, Bellotto: la classe di scultura e anatomia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, C. Beltrami

– Ex-cathedra. Arturo Martini all’Accademia di Venezia, N. Stringa

– Alberto Viani e la cattedra di scultura. Un percorso dagli anni Quaranta agli anni Settanta attraverso i tabelloni didattici, E. Pezzetta

– Docenza e ricerca artistica all’Accademia di belle arti di Venezia: la scuola di scultura e l’idea del Nuovo Museo dell’Accademia, S. Simi de Burgis

– L’insegnamento dell’architettura. Atto ultimo (1895-1926), M. Carraro

– La Scuola di Incisione e i suoi maestri nel primo Novecento: Emanuele Brugnoli, Giovanni Giuliani e Virgilio Tramontin, A. Del Bianco

– La Scuola di Incisione dell’Accademia di Belle Arti a Venezia. La seconda metà del Novecento, S. Portinari

– Antefatti e istituzione della Scuola di Scenografia nel Novecento presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, I. D’Agostino

– Storia della scuola di Nuove Tecnologie per le Arti, dall’istituzione a oggi, G. Vallese

APPROFONDIMENTI

– Alla ricerca di un’identità: l’accademia nel nuovo secolo tra difesa dell’autonomia e ribalta internazionale, G. Tomasella

– «Lei ha veduto e provato un po’ cosa è l’ambiente veneziano, un ambiente da far perdere la pazienza ai santi». Microstorie dell’Accademia veneziana dal carteggio di Corrado Ricci, A. Giorgio Cassani

– Per una storia del Liceo Artistico di Venezia: dalla Riforma Gentile alla Carta della Scuola, C. Marin

– L’Accademia di Belle Arti e la Biennale di Venezia (1895-1945), M. De Sabbata

– Elena Bassi e l’Accademia di Belle Arti di Venezia, M. Manfredi

– L’Accademia di Belle Arti e la nascita dello Spazialismo veneziano, L. Massimo Barbero

– Didattica e controdidattica negli anni della contestazione, A. Del Puppo

– Venezia, l’Accademia e le nuove culture artistiche dagli anni ’70 al 2000, R. Caldura

– Pedagogia dell’arte accademica veneziana come immagine filosofica della “quiete” e del “silenzio”, A. Di Chiara

II tomo – DOCUMENTI

A cura di Matteo Bonanomi e Lara Marchese

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Fiori di roccia

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Un volume importante che raccoglie, in ordine rigorosamente alfabetico e con il loro nome scientifico, quasi duecento fiori di montagna, fotografati su rocce solide o su terreni sassosi, ghiaioni, macerati o altri detriti rocciosi.

Oltre alla loro straordinaria bellezza e talvolta rarità, a rendere ancor più preziosi questi fiori contribuisce certo l’ascesa alla vetta, a volte lunga e impegnativa, proprio perché concede la possibilità di osservarli solo dopo aver messo in gioco fatica e impegno fisico.

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