L’Utopia Tropicale: Khartoum

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Una città ideale, alla confluenza di due fiumi, dove nasce il grande Nilo, da ricostruire partendo da zero. Un team progettuale d’eccellenza. L’utopia urbana e progressista di medici e urbanisti tra Ottocento e Novecento, alle prese con l’esplosione demografica e con la missione civilizzatrice dell’uomo bianco. Nella rifondazione britannica di Khartoum tutte le condizioni necessarie e sufficienti sono riunite per la stesura di un piano che, invece, presenta curiose ambiguità. L’esistenza di un protocollo segreto, che affonda le sue radici in elementi contingenti quali l’equilibrismo diplomatico dell’Inghilterra vittoriana nella corsa all’Africa, fra il Congresso di Berlino e la Prima Guerra mondiale, le lotte intestine in seno al governo, un problema militare di difesa il background culturale e le ambizioni personali dei suoi protagonisti, è l’ipotesi di questo saggio.

An ideal city to be rebuilt from scratch where two rivers flow into one another to give birth to the great Nile. An elite team of designers. The progressive utopia of urban planners and doctors between the 19th and 20th centuries, coming to grips with the demographic explosion and with the white man’s civilizing mission. These are a few of the elements that come into play in the British reconstruction of Khartoum in the late 19th-century, after a series of bloody defeats and difficult victories. All the necessary and sufficient conditions for the drafting of a state-of-the art project are met. Instead, it so happens that the plan presents a number of ambiguities intersecting on various levels: the existence of a secret protocol, rooted in a complex military conundrum; the difficult search for a diplomatic balancing act in the British scramble for Africa, between the Berlin Conference and WWI; Victorian England’s rock-steady belief in its own values; the complex cultural and ideological background of the episode’s protagonists. The present essay addresses the combination of all these factors, which, while distancing Khartoum from its idealised image, give an almost fictional quality to its history.

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TICINO GUIDE

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Ticino Guide riunisce le opere di architettura e ingegneria più significative degli ultimi quindici anni, adottando criteri di ampia rappresentatività e privilegiando, per quanto possibile, le opere pubbliche e la scala urbana, includendo inoltre i giovani emergenti nel quadro complessivo del dibattito locale. Appare in questo modo l’evoluzione del patrimonio architettonico cantonale che, negli ultimi decenni, grazie anche all’uso dell’istituzione del concorso di progettazione come strumento di selezione professionale, ha visto moltiplicarsi le realizzazioni destinate alla comunità rispetto alla casa unifamiliare che aveva reso celebre l’architettura ticinese a partire dagli anni Settanta. Seguendo un percorso geografico, da sud a nord e da est a ovest, che interessa le diverse regioni, l’itinerario parte dal Mendrisiotto e si svolge verso il Luganese, per arrivare al Bellinzonese con le sue valli (coprendo i distretti di Riviera, Blenio, Leventina) e la Moesa, per concludersi infine nel Locarnese e la Valle Maggia. L’approccio complessivo è stato quello di delineare le diverse espressioni dell’architettura e dell’ingegneria ticinesi, facendo emergere la qualità diffusa e la professionalità – ormai storicamente accertata – che contraddistinguono queste discipline nel Canton Ticino.

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Luigi Vettori

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Attingendo dal ricco patrimonio museale, e grazie alla disponibilità di molti collezionisti privati, il Comune di Pordenone ha voluto mettere in luce la singolare vicenda del pittore Luigi Vettori, una promessa dell’arte italiana tragicamente spezzata dalla morte, a soli ventotto anni, avvenuta nel 1941, sul fronte albanese.
Pordenonese di adozione, per l’artista è stata fondamentale la vicinanza con Venezia, dove si è formato frequentando il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, seguendo un percorso comune ad altri artisti locali del periodo.
La morte repentina dell’artista non consente di immaginare l’evoluzione futura della sua pittura; tuttavia, le opere repertoriate in catalogo permettono di ricostruire il suo impegno artistico, immergendosi nella vita di quegli anni così tormentati e di seguirne i primi passi.
La mostra riunisce sessanta dipinti, trentacinque tra disegni e incisioni, numerose foto e documenti originali offrendo il ritratto più completo e ricco sull’artista, dopo la retrospettiva del 1975.

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Virgilio Guidi

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L’attività artistica e didattica di Virgilio Guidi è indissolubilmente legata a Venezia, dalle sue prime partecipazioni alle Biennali alla sua attività di insegnante di pittura presso l’Accademia di Belle Arti. All’Accademia veneziana formò quasi un’intera generazione di pittori friulani, tra i quali i pordenonesi Armando Pizzinato e Luigi Vettori. Anche per questo motivo, nel trentesimo anno dalla sua scomparsa, il comune di Pordenone rende omaggio alla sua figura di grande artista e maestro con una mostra che presenta una significativa selezione di suoi quadri e sculture, uniti dal filo conduttore tecnico-compositivo della figura nello spazio, approfondendo una poetica incentrata su luce, forma e colore.

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Cantine luoghi incontri

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Il Libro “Cantine luoghi incontri”, realizzato con il patrocinio della Fondazione Italia-Giappone, nasce dall’idea di Marco Milan, Kumiko Yamada e Nora Zanella di realizzare un viaggio contemporaneo che unisca la cultura italiana del vino con la cultura gastronomica giapponese. Un ponte ideale di sapori e immagini che si svolge tra 14 cantine italiane e dunque 14 territori dal Trentino alla Basilicata, sviluppando un percorso fotografico cui vengono abbinati i gusti della cucina tradizionale del Sol Levante, grazie al prezioso apporto della direttrice dei sommelier giapponesi Kumiko Yamada.

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Grisha Bruskin Alefbet

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Querini Stampalia, 12 febbraio- 13 settembre 2015

Un misterioso alfabeto costituito da 160 personaggi: angeli, demoni con il volto di animali, figure trafitte da un fulmine, uomini che portano sulle spalle la loro ombra, o scrutano nei segreti del libro. Per la sua prima esposizione a Venezia, Grisha Bruskin, uno dei più importanti artisti russi viventi, ha scelto il progetto “Alefbet”: cinque grandi arazzi rappresentano il cuore della rassegna, cui si giunge esaminando in precedenza i disegni preparatori dell’artista, i gouaches e 6 dipinti, ossia le diverse tappe in cui si è articolato questo complesso e affascinante “archivio del segno”. Una sintesi densissima, che fa memoria di una millenaria tradizione, quella ebraica del Talmud e della Kabbalah, nel momento stesso in cui la rivela come possibile e permanente chiave di lettura simbolica della nostra storia e del nostro presente. 
La mostra è promossa dal Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) di Ca’ Foscari, ed è curata da Giuseppe Barbieri e da Silvia Burini in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia.

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A occhi spalancati

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Con questa esposizione viene svelato al pubblico un Impressionismo diverso, poco noto, genuinamente russo, originale e specifico.

Dopo essersi manifestato in territorio francese, l’Impressionismo ha proiettato la sua luce in tutto il mondo occidentale, e in ogni nuovo paese è nato nuovamente, talvolta senza alcun legame con gli esempi classici di Monet e Pissarro. Il suo significato non si limita alla sola sfera tecnica, agli abili metodi pittorici. L’Impressionismo rappresenta la fuga dalla tradizione del Realismo logico, dai soggetti di natura quotidiana e letteraria verso la luce, la purezza del colore, la luminosità e l’essenza decorativa della pittura. Questo percorso fu intrapreso dall’arte figurativa di diversi paesi, in ciascuno dei quali l’Impressionismo ebbe i propri profeti. In Russia, l’Impressionismo come nuovo approccio si manifestò nell’opera di Aleksandr Ivanov e Fedor Vasil’ev, sfiorò Vasilij Polenov e Il’ja Repin e negli anni Ottanta e Novanta dell’800 si riversò come un’onda travolgente sulle tele dei giovani artisti della Scuola di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca. I quadri di Konstantin Korovin, Konstantin Juon, Sergej Vinogradov, Stanislav Žukovskij, Petr Petrovicˇev arricchiscono anche l’esposizione attuale. Sono stati estesi i confini temporali della mostra fino agli inizi del XXI secolo, includendo artisti come Vladimir Rogozin e Valerij Košljakov, la cui creazione senza dubbio non appartiene all’Impressionismo nell’accezione più stretta di tale concetto, e nondimeno si colloca nel suo alveo.

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GINO ROSSI

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Un’opera monumentale e per alcuni aspetti “provocatoria”, che ha uno scopo soprattutto formativo, intende rivedere il consolidato catalogo di Gino Rossi, proponendo numerose opere inedite all’interno del catalogo del grande artista veneziano e trevigiano di adozione.
Basandosi su una particolare e innovativa metodologia di attribuzione, Luciano Buso non solo restituisce per la prima volta la paternità di molte opere all’artista, ma per ogni opera giustifica la sua attribuzione attraverso l’analisi dei dettagli e delle “firme celate” all’interno dei dipinti oggetto d’indagine.
Un’opera coraggiosa che vuole innanzitutto smuovere la critica nei confronti di uno straordinario artista dimenticato ormai da troppo tempo.

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Veneto. Terre e paesaggi del vino

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Questo splendido volume fotografico illustra l’innumerevole diversità di paesaggi che si incontrano partendo dai confini dei territori che si affacciano al Lago di Garda fino a quelli che si specchiano sulla laguna veneta, per salire poi i colli fino ad arrivare alle quote più alte che d’inverno si imbiancano. Il paesaggio è diventato in questi anni un potente strumento di comunicazione, e questo libro vuole meravigliare presentando la numerosità e l’unicità dei paesaggi viticoli veneti, emblema del saper fare dei viticoltori di questa terra. In questo volume, il vino viene presentato e proposto attraverso i suoi paesaggi, proponendolo nella sua dimensione visiva ed emozionale. Il paesaggio si fa quindi portavoce e memore di comunità di uomini e donne che hanno costruito e tramandato una natura più bella e più ricca.

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Il Palazzo di Via Stabile

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Questa agile guida riccamente illustrata, edita anche in lingua inglese, ripercorre le vicende costruttive della sede palermitana della ex Banca Commerciale italiana, ora Intesa Sanpaolo, sita in Via Stabile.
Il contributo di Fulvio Irace ricostruisce attraverso i documenti di archivio le vicende relative alla committenza e le diverse fasi progettuali dell’edificio.
La seconda parte del volumetto raccoglie invece il saggio di Paola Barbera, che si sofferma sull’importante decorazione realizzata da Renato Guttuso per il Salone del Pubblico del palazzo. 

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