Un volume fotografico che racconta la tradizione secolare legata alle celebrazioni pasquali della cittadina di Comiso, in provincia di Ragusa. Le fotografie di Rosario e Raffaele Lo Presti restituiscono un fedele e sorprendente racconto di un rito di fede e di tradizione che si ripete con cadenza annuale nel giorno di Pasqua da centinaia di anni, intriso di significati antropologici, sociologici e di folclore, legato alla tradizione spagnola e siciliana. Due bimbi ogni anno vengono scelti, vestiti e addobbati da Angeli con abiti preziosi che riproducono esattamente quelli del 1400, portati in processione su due simulacri con il susseguirsi di riti suggestivi, coinvolgendo l’intera popolazione con forti momenti emozionali. L’atmosfera che si respira non è legata a un fatto folkloristico, ma spirituale, quasi mistico. Tutti possono raccontare la festa di Pasqua a Comiso, ma solo i comisani ne sanno cogliere la vera essenza, quasi come un’eredità genetica che si è tramandata nei secoli, e che per tanti secoli ancora sarà tramandata di padre in figlio, fin quando esisterà il rispetto per la storia, la cultura e la religione.
Il volume Giovanni Barbisan. Un classico nella modernità è il catalogo della mostra aperta dal 1 maggio 2022 presso l’Abbazia di Rosazzo a Manzano (Udine), sull’artista trevigiano Giovanni Barbisan (1914-1988), considerato uno dei maestri veneti della pittura e dell’incisione. Il cuore della mostra è dato da una cospicua collezione friulana delle opere di Barbisan, rivolta in particolare alle sue nature morte e ai raffinati soggetti di fiori, ma impreziosita da rarissimi esemplari di pittura del triennio 1945-1947 in cui l’artista, attraverso la luce naturale, scompone la forma, che si individua per filamenti e colpi di pennello accostati. L’esposizione è poi arricchita da un buon numero di opere sia di pittura che di grafica, che completano il percorso con attenzione anche ai diversi “generi” praticati dal pittore, dalle figure e ritratti alle nature morte, ai paesaggi dal sontuoso naturalismo.
Fin dal 1933 Barbisan inizia a produrre soggetti con la tecnica dell’acquaforte, guardando allo stile dei due massimi incisori italiani di quel momento: Bartolini e Morandi. Il periodo di formazione, con la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e le lezioni di “decorazione” tenute da Guido Cadorin, lo videro partecipare appena ventiduenne alla Biennale del 1936, con precoci successi delle sue esposizioni tra opere di grafica e di pittura. Ma è la pratica nella bottega paterna a renderlo più abile nel padroneggiare le tecniche, a cominciare dall’affresco. Barbisan è “il pittore dei musei”, come amerà definirsi, il quale trova ispirazione ed esempio nell’arte antica, da Giorgione agli olandesi del Seicento, a Guglielo Ciardi, con saldo disegno sostenuto da una straordinaria finezza esecutiva.
La presente pubblicazione è la riproduzione anastatica, integrale e fedele adattata a un formato stampa, del volume di incisioni delle opere di Antonio Canova, che il fratello abate Giovan Battista Sartori donò all’Ateneo di Treviso nel 1837. Si tratta di un unicum, per il valore storico del dono, l’unicità del libro nella qualità e nel numero di incisioni che raccoglie, ben 86, e notevole anche per il formato e la confezione che lo conserva.
L’occasione della mostra per il centenario canoviano è stata colta come straordinaria opportunità per realizzare questa preziosa edizione anastatica. Le incisioni raccolte documentano in maniera ampia la produzione canoviana, risultando una summa dell’impegno dell’artista nell’uso di questa arte per la divulgazione delle sue creazioni. Lo scopo era farne omaggio ad amici e personalità illustri, ma era anche quello di diffondere a raggio europeo quanto man mano egli andava facendo, cosicché un vero e proprio mercato di queste stampe andò a crearsi, a Roma come a Parigi, con negozianti che avevano l’esclusiva della vendita.
Volume acquistabile in pre-ordine inviando una email a editoria@graficheantiga.it
Il 5 maggio 2022 inaugurerà al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (Treviso) il secondo appuntamento espositivo degli Anniversari Canoviani, iniziativa che celebra i 200 anni dalla morte del genio del Neoclassicismo. La mostra “Canova e il dolore. Le stele Mellerio. Il rinnovamento della rappresentazione sepolcrale” – aperta al pubblico fino al 5 novembre 2022 – ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Francesco Leone e Stefano Grandesso, trova il suo apice nella ricomposizione, per la prima volta dal suo smembramento, del monumento funebre Mellerio, voluto dal conte Giacomo Mellerio in memoria dei suoi cari dopo aver visitato lo studio romano di Canova. In mostra, oltre a questa straordinaria ricomposizione, si potranno ammirare opere provenienti da collezioni pubbliche e private nazionali e internazionali.
Il catalogo della mostra, riccamente illustrato, ha testi di Vittorio Sgarbi, Moira Mascotto, Francesco Leone, Stefano Grandesso e Sandro Gazzola.
Canova e Treviso è una relazione tanto profonda quanto inedita. Nato trevigiano, a Possagno, è a Treviso che nacque il suo “mito” e la riscoperta critica della sua opera. Il catalogo della mostra “Canova, gloria trevigiana: dalla bellezza classica all’annuncio romantico” (14 maggio – 25 settembre 2022, Museo Bailo – Treviso) ripercorre la storia artistica di Antonio Canova legata in modo particolare al territorio veneto e la stessa esposizione canoviana dei Musei Civici di Treviso si prefigura come la più importante della stagione in Italia. Canova e la bellezza dell’antico quindi, ma anche Canova come straordinario contemporaneo annunciatore romantico. Si svela, per la prima volta al largo pubblico, una serie di reperti conservati nelle collezioni civiche, mai sino ad ora esposti, e per la prima volta le opere vengono esposte sui loro basamenti originali restaurati per l’occasione. Esposte la stele funeraria, i gruppi gentili e amorosi (Amore e Psiche), i ritratti, le incisioni, le celebrazioni canoviane, la fotografia, altri gessi e calchi: un percorso ricco di oltre 150 opere, sviluppato in 11 sezioni.
Questo volume è pubblicato in occasione della mostra antologica che il Comune di Bassano del Grappa, dal 12 maggio al 18 luglio 2022, dedica al grande fotografo Cesare Gerolimetto, il quale ha donato alla sua città natale il suo ricchissimo archivio composto da più di settecentomila foto.
Mostra e catalogo ripercorrono gli itinerari di viaggio, e non solo, di Gerolimetto: dalla umanità al paesaggio, senza un vero nesso logico, rispettando così una sua peculiare caratteristica: “sono il bambino che si diverte”, fotograficamente inafferrabile. Nell’introduzione al volume Barbara Guidi, direttrice del Museo Civico di Bassano del Grappa (Vicenza), lo definisce così, e coglie un parallelo tra il concetto del viaggio in senso moderno di Lawrence Sterne in “Viaggio sentimentale”, nel periodo alla moda del Grand Tour, con l’attitudine di Gerolimetto ad affrontare la realtà e svelarla con la fotografia, dove l’ispirazione cede il passo allo stupore fanciullesco, al sentimento empatico impregnato di forme e di colori che restano impressi per sempre nello spettatore. I riflessi sul fiume Niger o quelli nella laguna di Venezia, le praterie del Sud-America o le colline del Veneto, hanno per lui la stessa importanza, in un meraviglioso e divertito sincretismo del vedere.
Il giornalista Paolo Coltro sul fotografo: “Un guardare la vita degli altri in modo diretto, mai sazio di quello che dà, molto più che curioso, con una ricerca del bello che non è nemmeno ricerca, è istinto. Senza filtri, artifizi, arzigogoli, trucchi o esagerazioni. La tecnica di Gerolimetto è il sentire e si riassume in una sola parola: “stupore”, che poi si traduce in “potenza visiva” per chi la sa cogliere”.
Nuovi orizzonti si sono affacciati nello studio e approccio all’opera d’arte. Un innovativo metodo d’indagine, risultato di circa quindici anni di ricerche scientifiche, contribuisce nell’esame della Pietà vaticana di Michelangelo Buonarroti. Il volume raccoglie gli studi scientifici svolti da Luciano Buso nell’arco di circa 12 anni, scoperti i ‘segreti’ nella Pietà vaticana. La parte più importante la fanno i volti semi celati di proposito dall’artista rinascimentale durante l’esecuzione, i quali ci tramandano ‘sentimenti velati’ sapientemente ideati con lo scopo di dare un maggiore e silente accento emotivo al già forte impatto della celebre scultura. Pietà in facciata, ma anche semi nascosta.
Il maiale è il simbolo di tutto ciò che ci disgusta, incarna le nostre paure per l’impurità del mondo. Se è magro sarà reietto e vergogna dell’allevamento. Grazie a un veterinario precario e intelligente fugge travestito da ragazzo e si avventura nel mondo, divenendo un ponte tra gli umani e gli animali: è il fil rouge. Un romanzo divertente e profondo che racconta il rapporto tra il bene e il male, la ricerca di un Dio incognito, reduci nazisti (pentiti!), ricette di cucina, storie di ciclisti e animali saggi, il fascino della creazione dei libri, avventure divertenti e riflessioni profonde, l’ambiguità della “Rete”. Nel finale il tono epico delle cicogne che hanno assistito alla strage di Utøya e si fanno portatrici della lotta contro i Malèfici è temperato dell’ironia che sgorga dalla conoscenza della vita vissuta come esperienza e apprendimento continuo, non avendo mai paura del dubbio che porta alla verità. Un libro da gustare con le sue storie, le sue poesie, le riflessioni che portano a scoprire un significato differente delle parole, e della potenza che esse hanno nel generare il bene e il male. Una Favola Concreta che grida e canta, un fantastico viaggio nell’Umanità.
Giovanni Lualdi, traduttore, scrittore invisibile, informatico, in dieci anni di lavoro ha raccolto in queste pagine la sua passione per i viaggi della fantasia, per la storia, per la geografia, alla ricerca della natura umana
Le suggestioni poetiche di Andrea Zanzotto in relazione con le arti figurative. L’esposizione presso il Museo del Paesaggio di Torre di Mosto (Venezia) e il libro-catalogo che l’accompagna intendono mettere in luce il profondo legame intrattenuto da Zanzotto con il mondo dell’arte, fatto di numerose collaborazioni con artisti a lui contemporanei e di rari, ma pregnanti, affondi critici e, al contempo, favorire nuove occasioni di dialogo che mettano in relazione la riflessione zanzottiana con lo sguardo portato da alcuni artisti, contemporanei e non, sul paesaggio.
Partendo principalmente dallo spunto letterario dell’opera: Galateo in bosco, il progetto si sviluppa attraverso un percorso narrativo attraverso saggi critici e opere di artisti tra i quali: Tiziano Vecellio, Wim Wenders, Giuseppe Penone, Giuseppe Santomaso, Emilio Vedova, Mario Schifano, Elio Armano e alcuni giovani artisti che si sono confrontati con le tematiche di Zanzotto e hanno realizzato per l’occasione alcune opere site-specific.
Fragmenta è una nuova rivista annuale di studi e ricerche di scienze storico-artistiche e archeologiche su Treviso e il suo territorio. La pubblicazione raccoglie contributi inerenti alla storia dell’arte, all’architettura, all’archeologia, al restauro e all’economia dei beni culturali; l’ambito di studio è ricompreso nel territorio corrispondente alla provincia di Treviso o referente ad esso. L’obiettivo primario è quello di stimolare il dibattito scientifico e accademico, incoraggiando la divulgazione degli studi più aggiornati nel campo delle scienze storico-artistiche trevigiane. La qualità, l’indipendenza e la scientificità dei contributi sono garantiti attraverso l’autorevolezza del comitato scientifico e la revisione dei testi in modalità «double blind peer review». La pubblicazione della rivista si ispira al codice etico elaborato dal COPE – Best Practice Guidelines for Journal Editors. I saggi sono pubblicati in lingua italiana con abstract in lingua inglese. A completamento, segnalazioni di libri, articoli e mostre inerenti ai temi trattati.
Il progetto editoriale è nato da un comune sentire e dal desiderio dei fondatori – Rossella Riscica, Aniello Sgambati, Chiara Voltarel – di realizzare uno strumento che possa raccogliere studi di ambito storico-artistico che interessino il territorio trevigiano, nella consapevolezza dell’immenso patrimonio di valore storico – artistico, culturale e intellettuale che merita più attenzione e valorizzazione.