Il catalogo è dedicato all’ingresso della collezione dell’ambasciatore Paolo Galli nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Fondazione Musei Civici di Venezia. Si tratta di 216 fogli di maestri italiani dal Cinquecento al Novecento: considerata la qualità gli esemplari, la varietà di tecniche e tipologie, il numero di artisti documentati (dai più rari petits-maîtres ai nomi più celebri) per l’istituzione è la più importante aggiunta nel campo della grafica degli ultimi cinquant’anni. Oltre ai nomi classici dei maestri veneziani del Settecento, come Giambattista e Giandomenico Tiepolo, Giambattista Piazzetta, Antonio e Francesco Guardi, Gaspare Diziani, Francesco Fontebasso, la collezione è dedicata soprattutto ai pittori italiani delle altre scuole, in particolare quelle bolognese, romana e fiorentina. Per la prima volta entrano così nelle raccolte Agostino Carracci, il Cavalier d’Arpino, Giovanni Baglione, il Figino, Giorgio Vasari, Francesco Vanni e molti altri. Ma non solamente antichi maestri: vi sono anche testimonianze del Novecento italiano, con Cadorin, Cagli, Mafai, Severini, Sironi, Vedova, a documentare quanto più possibile la storia della grafica italiana. Si tratta di una collezione “colorata”, quasi a sfatare i più tradizionali luoghi comuni sulla grafica. Anche l’osservatore meno attento rimarrà sorpreso davanti alle carte preparate e alla varietà delle tecniche: matite, gessetti, inchiostri di ogni tonalità, acquerelli.
Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento Veneziano (10 ottobre 2024 – 14 gennaio 2025)
Guido Moro, un mondo poetico raffinato e intensamente vissuto, fatto di levigatezze, di fiori sbocciati all’improvviso nelle notti di primavera. Le sue composizioni sono ancorate di frequente all’apparizione di visioni semplici, come la maestà del sole e il silenzio del mare solcato da una barca intrisa di azzurro. Guido Moro riesce a cogliere i singoli atti del vissuto con mirabile capacità di sintesi e di canto, anche osservando una vecchia fotografia un po’ sbiadita, che conserva tuttavia la verità di una compiutezza interiore intensamente perseguita e talvolta raggiunta, attraversata da inesauribili trasparenze e vibrazioni. Ma ad imporsi non può essere che il riferimento alla pienezza dell’amore vissuto senza limiti e che per questo non si spegne, non può morire, perché è vicino a quello dei sognatori, anche si trovano ad essere un po’ confusi e magari un po’ soli.
Guido Moro, avvocato civilista, svolge la propria professione a Treviso. Interessato alle problematiche di soggetti incapaci, ha collaborato con la rivista «Mobilità» e ha fatto parte del Collegio Probiviri dell’Associazione Nazionale Italia – Austria (Sezione Veneto). Amante dell’arte e in particolare della pittura, è autore di testi su noti pittori contemporanei. Ha fatto parte del Consiglio Direttivo dell’Associazione Culturale Paolo Rizzi nel triennio 2012-2014. Attualmente è Vice Presidente dell’Associazione Eventi Artistici Treviso.
La costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta è un’occasione per osservare e conoscere il territorio che attraversa, costruendone una nuova immagine. Questo ampio spazio intermedio tra le Prealpi e la pianura con la fascia delle risorgive, viene descritto per raccontare la varietà di fenomeni che lo stanno profondamente cambiando rispetto al passato. La Pedemontana Veneta, nonostante la continuità geografica, comprende sistemi territoriali notevolmente variegati, diverse vocazioni produttive e differenti caratteristiche morfologiche e insediative.
La Superstrada viene raccontata come un itinerario tra paesaggi mirabili, dove i caselli diventano inedite porte di accesso a luoghi turistici e a nuovi spazi plasmati radicalmente dalla presenza di tradizionali, ma anche rinnovate, produzioni manifatturiere e agricole.
Prenotazioni: editoria@graficheantiga.it – causale “L’Arte nel Trentino”
Info: ezio.chini@gmail.com Collaborazione scientifica e redazionale: Marcello Beato
Se l’Italia venne definita da Dante “bel paese là dove ‘l sì suona” e se oggi si dice che è “il paese più bello del mondo” anche il Trentino, pur nella sua posizione marginale che lo fa sembrare quasi solo affacciato timidamente alla penisola, prende parte a questa bellezza come una limpida voce all’interno di un grande coro.
Questo lavoro cerca di offrire una nuova sintesi, un orientamento per chi desidera addentrarsi nel meraviglioso paesaggio dell’arte figurativa.
L’arte nel Trentino dal Medioevo al secolo XX. Una nuova narrazione
Struttura del volume
. Introduzione
. La geografia artistica del Trentino
. Paesaggio culturale e turismo culturale
. Il patrimonio culturale nelle due guerre
. La tutela dal 1850. Le soprintendenze
. La storiografia artistica
. Trento profilo storico della città
. Arte sacra popolare, anomalie e particolarità iconografiche
. Le vicende dell’arte figurativa con oltre 60 approfondimenti
. Indici: temi, nomi di persona e di luogo
. Bibliografia generale
La storia di un territorio attraverso le testimonianze di coloro che l’hanno abitato dal Paleolitico ad oggi: il paesaggio, i nomi dei luoghi, i resti dei castelli medioevali e degli opifici, gli antichi borghi, le ville, le chiese, i fiumi, i monumenti, le strade, le trincee e le tante opere d’arte, che ne fanno un grande museo diffuso. È la cosiddetta Pedemontana del Grappa, delimitata da due grandi fiumi – il Brenta e il Piave – che comprende la parte collinare a sud del monte “sacro alla Patria” e continua in pianura fino all’antica via Postumia, che collegava Genova con Aquileia. Attraverso una vasta e aggiornata iconografia – risultato di una recentissima campagna fotografica – e una serie di saggi e approfondimenti affidati a chi questo territorio lo vive, lo conosce, lo studia da decenni, questo volume mira a far conoscere le radici antiche alla base dello sviluppo di una delle zone attualmente più prospere d’Italia, e, se la Storia può insegnare qualcosa, potrà indicare anche le strade per il futuro.
Alla periferia di una grande, anonima città è arrivato il circo. Ha piantato le tende in un prato spelacchiato dove tra erba e sassi trovano posto le corse, le grida, i giochi dei bambini che abitano negli allampanati palazzoni che svettano ai margini dell’abitato. Così, come ogni sera, prende il via lo spettacolo più stravagante, pasticcione e maldestro che voi possiate immaginare. E, poi e come sempre, si riparte verso nuovi paesi, incontro a nuovi prodigi. Grandi e piccini si sono ancora una volta divertiti senza essere abbagliati da troppe luci, senza essere spaventati da animali feroci. Un coniglio, un cane e una capra bastano per fare festa. Il Circo Maldestri è un piccolo, modesto circo che però sa regalare, a un modico prezzo, generose, ricche risate. Se potete, aprite il tendone ed entrate!
Alfredo Stoppa, per più di 25 anni libraio, in pochi anni conquista uno spazio di rilievo nell’ambito dell’editoria per ragazzi e ottiene numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali: sette volte vincitore del Premio Andersen nazionale. Come autore ha all’attivo una cinquantina di libri pubblicati in Italia e all’estero. Tiene corsi di scrittura per insegnanti e laboratori per bambini e ragazzi.
Pochi artisti tra XIX e XX secolo possono vantare un costante interesse verso le loro opere come il viennese Gustav Klimt, figura di spicco che ha rivoluzionato il mondo delle arti figurative. Il volume rilegge la sua opera attraverso documenti artistici, che mettono in scena, grazie a un elaborato procedimento a stampa, i capolavori pittorici e grafici klimtiani, e che la critica ha considerato solo marginalmente. Le tre cartelle: Hugo Heller (Das Werk von Gustav Klimt, 1918), Gilhofer & Ranschburg (Gustav Klimt. Fünfundzwanzig Handzeichnungen, 1919), Max Eisler (Gustav Klimt. Eine Nachlese, 1931) sono la dimostrazione dell’ininterrotta attrazione esercitata dall’opera klimtiana.
La qualità grafica delle riproduzioni in collotipia raggiunta dalla Tipografia di Stato austriaca esalta il valore estetico di questi fogli e delle cartelle a tiratura limitata che li contengono e dimostra quanta importanza essi abbiano per la ricezione dell’artista. Il volume non intende solo presentare i capolavori del grande artista mitteleuropeo, ma anche far conoscere e valorizzare dei prodotti artistici di straordinaria fattura, summa di squisita eleganza e sapienza esecutiva, massimo obiettivo delle arti viennesi attorno al 1900.
Dodici maggio 1924, il finale annunciato. Nella cittadina veneta dove ha scelto di riposare per sempre, va in scena l’ultimo spettacolo di Eleonora Duse – la più importante attrice di teatro del suo tempo, forse la più grande di sempre, capace di mandare in delirio platee di spettatori – che si è spenta tre settimane prima in un albergo di Pittsburgh in Pennsylvania, Stati Uniti. Ad accompagnarla nel piccolo cimitero di S. Anna è un corteo interminabile che si snoda lungo le strette vie del paese in lutto. Attori, scrittori, amici, intellettuali, ma anche un sottosegretario del governo Mussolini, le autorità locali e regionali, i notabili del paese e la gente comune. C’è pure un rappresentante politico dell’opposizione, il deputato di Rovigo Giacomo Matteotti. Ma la storia d’amore tra Asolo e Eleonora, già astro nascente dei palcoscenici di mezzo mondo, persona libera e dalla vita sentimentale movimentata, comincia trent’anni prima, nel 1892. La diva è ospite di un’amica americana a La Mura, fascinosa dimora alle porte della città, e decide che sarà quello il paese dove trovare serenità negli intermezzi di una vita girovaga condotta tra le stanze d’albergo di tutto il mondo. E ad Asolo la Duse tornerà in più riprese, ora ospite di altri amici in Villa Belvedere, ora nelle due camere riservate a lei all’Albergo al Sole, che si affaccia sulla piazza principale della città. E alla fine, dopo il lungo legame con Arrigo Boito e quello tempestoso con Gabriele d’Annunzio, e dopo il clamoroso ritiro dalle scene, ecco che ad Asolo ritorna impegnandosi nella ricerca di una casa che vorrebbe fosse davvero sua, la prima mai posseduta nel corso della sua esistenza nomade. È Casa dell’Arco in via Canova la dimora prescelta. La palazzina verrà comprata dalla figlia Enrichetta, in memoria della madre, cinque mesi dopo la sua morte. A corredo del testo, fotografie d’epoca anche inedite dell’attrice e dei suoi funerali.
La musica, per Aleksej, è la sostanza della vita stessa, fin dal giorno in cui sua madre ha guidato le sue piccole mani sulla tastiera di un pianoforte. Il giovane bambino prodigio avrà una vita complicata che lo porterà dalla Russia alla Francia e poi in tutto il mondo, trasformandosi in un pianista inquieto, capace di vincere premi e concorsi ma non di entrare in sintonia con il ritmo dell’esistenza, vivendo in un costante e disperato controtempo. Una sera, nel corso dell’ennesima tournée, il destino di Aleksej deraglia: abbandona il palcoscenico per cercare un nuovo modo di vivere la sua musica, nelle strade, parlando al cuore delle persone che si fermano ad ascoltarlo per regalarsi un momento di felicità. Comincia così, per lui, un viaggio tra le piazze e le vie del nord Italia che sarà un vero e proprio cammino compiuto dentro la sua anima. Aleksej conoscerà la vergogna, l’estasi, la felicità, il dolore e riuscirà a “diventare musica”, scoprendo l’amore e gettando luce sul suo misterioso e infelice passato.
Paolo Zanarella, conosciuto come “Il pianista fuori posto”, è nato a Padova nel 1968. Si avvicina alla musica come autodidatta, oggi è un compositore che ama esprimersi principalmente attraverso l’improvvisazione. La sua musica è un’appassionata ricerca di forme armoniche nelle quali l’ascolto è immediato e travolgente. Dal 2009 si esibisce per l’Italia, dalle città alle montagne fino al mare, con il suo pianoforte a mezza coda. Con questo romanzo ha dato una forma narrativa alla sua rivoluzionaria visione della musica: non basta vivere di musica. Bisogna diventare musica!
Il volume Italia Sessanta. Arte, Moda e Design. Dal Boom al Pop, catalogo della mostra omonima di Palazzo Attems Petzenstein (Gorizia) – aperta al pubblico fino al 27 ottobre 2024 – è un viaggio dentro quello che è uno dei grandi miti della storia recente. Un decennio effervescente e controverso quello dei “mitici” Anni Sessanta. Tempo di complessi mutamenti sociali e politici, certo, ma anche di originali spinte creative e dell’imporsi di nuovi approcci e nuove visioni. A mutare è il modo di vivere, di abitare, lavorare, vestire, amare e gestire il tempo libero. Sono gli anni in cui ogni sogno sembra poter diventare realtà, a partire dall’uomo a passeggio sulla Luna. Trionfano le materie plastiche che consentono ulteriore libertà creativa, del design, delle più incredibili sperimentazioni e di oggetti-icona quali ad esempio il mangiadischi.
La mostra, inappuntabile nei contenuti e nell’analisi storico critica, si annuncia leggera, divertente, coinvolgente.