«Il mio compleanno? Meglio quei neutrini più veloci della luce»

26.09.2011

[La Nuova di Venezia e Mestre]

Zanzotto: 90 anni

Pieve Di Soligo. Andrea Zanzotto compie novant’anni il 10 ottobre ed è sempre grande il suo interesse per quello che accade nel mondo. Tanto che con un filo di voce, parlando lentamente al telefono dalla sua casa di Pieve di Soligo, il paese in provincia di Treviso dove è nato nel 1921 e che non ha mai abbandonato, dice: «Più del mio compleanno mi interessa la scoperta dei neutrini che superano la velocità della luce. È una specie di miracolo che mi attira e vorrei approfondire, per quanto possibile». Poeta del paesaggio e delle angosce e ossessioni del nostro tempo, uno dei pochi grandi del secondo Novecento, del quale notò per primo i versi Giuseppe Ungaretti, Zanzotto, che è anche autore di prose e da sempre impegnato nella difesa dell’ambiente («in questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o ingoio»), sarà festeggiato con tante iniziative e pubblicazioni fra cui una che testimonia la sua passione per il grande schermo, «Il cinema brucia e illumina» (Marsilio), con una lettera inedita di Federico Fellini. Proprio il giorno del compleanno al poeta verrà reso omaggio, nella sala Rossini del Caffè Pedrocchi di Padova, la città dove si è laureato nel 1942 e di cui ha la cittadinanza onoraria. «Sarà letta – spiega lo scultore Elio Armano, vecchio amico di Zanzotto e capofila dell’evento – una lettera di auguri del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Quel testo aprirà poi un’antologia dedicata ai novant’anni del poeta pubblicata dalle Edizioni Antiga». Zanzotto sarà presente con un collegamento in video-conferenza, perché ormai non esce più di casa, a questa sorpresa che avrà il suo clou nell’intervento del professor Carlo Ossola al quale si deve anche «il titolo del libro – racconta sempre Armano – "Nessun consuntivo", da uno degli ultimi testi di Zanzotto». Nel volume anche una specie di album-nostalgia di fotografie con un ritratto del poeta e altre foto fatte da Nicola Smerilli, lo scorso agosto, e poi immagini dell’album di famiglia e con tutti i personaggi che ha incontrato nella sua lunga carriera come Federico Fellini, Eugenio Montale e Giuseppe Ungaretti. «Ci sono troppe cose che si ammucchiano insieme per essere ricordate. Però, nonostante tutto, si cerca di passare le porte in questo labirinto. Ho scritto talmente tante poesie che le ricordo un po’ alla volta, si presentano una per una». Zanzotto è convinto ci sia «ancora spazio per la poesia. È molto difficile trovare i percorsi ma ci sono veri poeti, per esempio Patrizia Valduga». Il poeta, che ha attraversato un secolo e che dal suo esordio nel 1951 con "Dietro il paesaggio" non ha mai smesso di scrivere – e lo fa ancora, a mano – costruendo una bibliografia sterminata, ha un messaggio positivo per i giovani di oggi. Nonostante abbia più volte spiegato di scrivere versi «per attraversare quest’epoca rotta e maledetta», dice ai ragazzi: «C’è sempre una possibilità positiva. Come la scoperta scientifica dei neutrini». I boschi, i cieli, il paesaggio della campagna veneta sono state la sua ispirazione poetica fin dall’infanzia, quando bambino andava con il padre pittore, antifascista, a contemplare il paesaggio che poi ritrovava a casa, nei suoi quadri. «Dal paesaggio – ha più volte detto Zanzotto – ricevevo una forza di bellezza e tranquillità. Ecco perché la distruzione aaadel paesaggio è stata per me un lutto terribile». L’autore di "Elegia ed altri versi", "La belta", "Fosfeni", ha raccontato anche l’angoscia del nostro tempo, ha usato il dialetto in un quarto della sua opera ed è anche autore di prose come "Sull’Altopiano" (Mondadori), che nel ’99 ha pubblicato nei Meridiani "Poesie e Prose", propone per la ricorrenza "Tutte le poesie" (pp. 950, euro 16) negli Oscar, con introduzione di Stefano Dal Bianco, tra i massimi esegeti del poeta. Mentre nel volume "Il cinema brucia e illumina", a cura di Luciano De Giusti, c’è una preziosa conversazione sul cinema di Zanzotto, oltre alla lettera inedita di Federico Fellini con cui Zanzotto collaborò dal 1976, quando il regista lo chiamò per il Casanova.