Le immagini di Hemingway, un "fanatico" del Veneto

09.05.2011

Il Giornale di Vicenza

A Venezia. Mostra di 90 foto dello scrittore nella nostra regione

Così si definiva lui. Dall’Istituto di Scienze, Lettere e Arti la rassegna partirà per New York, dove sarà esposta grazie all’imprenditore vicentino Zamperla

La sua stanza, meglio la sua suite, al piano nobile del "Gritti", la vuole sempre Woody Allen quando arriva a Venezia per la Mostra del cinema. Eugenio Montale entra in quella camera da letto il 25 marzo1954 per intervistare lo "zio Ernest".
Nella stanza, assieme alla moglie Mary, Montale trova sparse bottiglie di chianti e di whisky. Lo descriverà così sul "Corriere": «Rovesciato sul letto, su un pigiama color cannella portava un pullover verdastro: intorno ai grossi occhiali a stanghetta era tutto un arruffo di ciglia, baffi, di barba non fatta da almeno tre giorni». Pochi mesi prima Hemingway è uscito vivo da un doppio incidente d’aereo in Africa. Molti giornali avevano pubblicato il suo necrologio.
Quando Montale glielo racconta, lo scrittore tocca legno per scaramanzia. Quello della testiera del letto. Montale lo disegna con una parola: "abbruciacchiato" per le cicatrici. Lui racconta che è tornato a Venezia per curarsi con scampi e Valpolicella. Il "Gazzettino" del tempo spara la frase nel titolo di cronaca. E al "Gritti", dove hanno conservato quel ritaglio e anche la poltrona su cui riposava, oggi naturalmente intoccabile, celebrano l’illustre ospite con un "risotto agli scampi" e con un interno menu ispirato a lui: anatra speziata di secondo (in omaggio alle sue cacce in valle) e "sigaro" di cioccolato con salsa al Bourbon, con tanto di finta cenere dolce nel piatto.
Lo scrittore che si definirà "un fanatico del Veneto", e che dedica a questa regione due libri, è ricordato con una mostra di 90 fotografie – per lo più inedite – in sette sale dell’Istituto di scienze, lettere e arti. Accanto a questo evento principale, Gianni Moriani, docente universitaro che ha lavorato tre anni attorno a questa rassegna, ha creato un’altra serie di appuntamenti: un reading al "Gritti" di testi di Hemingway, mentre all’Harry’s bar ha fatto riascoltare la registrazione della sua voce in un "promo" per un suo libro di otto minuti. La mostra è riassunta nel catalogo "Il Veneto di Hemingway", edito da Antiga, con saggi di Rosella Mamoli Zorzi e dello stesso Moriani. La rassegna, aperta sino al 15 maggio, dopo Venezia si sposterà a NewYork, alla City University situata a Brooklyn. Il merito va a un imprenditore vicentino, Alberto Zamperla, che ne curerà l’allestimento. La sede non è lontana da Coney Island,dove la Zamperla ha realizzato il grande luna park, di cui Alberto Zamperla è talmente orgoglioso da essersi appuntato il distintivo sulla giacca: «Il mio ritorno dalla mostra? Nessuno – risponde – Sono solo orgoglioso che l’idea del Veneto e dell’Italia giri per il mondo. E spero di spronare altri».
Hemingway fu soldato della Grande Guerra sul Pasubio, sul Grappa, poi a Fossalta di Piave, dove rimase ferito: era conducente di ambulanze. Ma in uno suo testo parla anche della Basilica Palladiana, che vide al tramonto. Torna nel Veneto altre quattro volte nel giro di trent’anni. Sulle prime ne è deluso, poi ne diventa – come spiegherà – "un vecchio fanatico". Il ricordo dei giorni veneti lo accompagnerà anche la sera del suicidio, il 1˚ luglio 1961 nell’Idaho. Come ricorderà la moglie Mary «quella sera era stata così quieta e serena. Avevamo perfino cantato quella vecchia canzone imparata a Cortina: "Tutti mi chiamano bionda, ma bionda non lo sono: porto i capelli neri…" E poi avevamo ricordato Venezia, l’hotel Gritti e la grande festa che Ernest aveva voluto dare per gli amici, il5 maggio 1954, prima di ripartire».
Nel Veneto Ernest Hemingway incontrò un grande amore, quello di Adriana Ivancich, più giovane di lui di trent’anni. Appassionato di caccia e di tavola veneta, una foto lo ritrae mentre si prepara uno spritz. Proverbiale, oltre al Valpolicella, il suo amore per l’Amarone (Allegrini, per la precisione). Quando andava a Torcello, dall’amico Giuseppe Cipriani, o in valle a cacciare, si portava via in barca due bottiglie di Amarone: una per l’andata e una per il ritorno.

Antonio Di Lorenzo
VENEZIA