E Marco d’Aviano inventò il kapuziner

01.12.2010

[Il Piccolo – Gorizia]

C’è perfino un campionato mondiale della categoria: quest’anno, per la cronaca, il numero uno è stato un americano, Michael Phillips, proclamato per il 2010 re del caffè e del cappuccino. Ma c’è da credere che neppure lui, malgrado la maestrìa con cui li prepara, sappia quanta strada ci sia alle sue spalle, e quanti precursori abbia avuto in questa nobile arte. Potrà aiutarlo, in tal caso, un prezioso libro fresco di stampa il cui titolo coincide con l’ordinazione fatta almeno due mattine alla settimana al bar (statistica recente e citata nel testo) da oltre 10 milioni di italiani: "Cornetto e cappuccino" , scritto con completezza di documentazione e leggerezza di penna (rara abbinata) da Gianni Moriani , ed edito da Terra Ferma . Una storia che mette le sue radici oltre quattro secoli fa in un quadrilatero pure questo italo-austriaco; ma decisamente ben più gradevole di quello bellico costituito nell’Ottocento tra Peschiera, Mantova, Legnago e Verona. I suoi vertici sono spostati più ad est, e si estendono tra Venezia, Marostica, Aviano e Vienna: con personaggi meno noti di un Radetzky o di un re Carlo Alberto, ma non meno interessanti, e strategici per la vittoriosa battaglia del caffè. Tutto, racconta Moriani, comincia nel 1582, quando un medico di Marostica laureatosi a Padova, Prospero Alpini, torna dall’Egitto dove ha trascorso quattro anni al seguito di un patrizio della Serenissima, Giorgio Emo, nominato ambasciatore al Cairo. Appassionato anche di botanica, scrive un testo pubblicato a Venezia, "De plantis Aegypti Liber", in cui fa conoscere al mondo occidentale una pianta i cui semi vengono impiegati per realizzare un decotto chiamato "caova"; il caffè. In Medio Oriente è già diffuso da qualche decennio. Le prime caffetterie a Costantinopoli funzionano dalla metà del Cinquecento. Ed è proprio un veneziano, il senatore Costantino Garzoni, reduce da un periodo trascorso nella capitale dell’impero ottomano, a raccontare che lì le persone fanno largo uso specie alla mattina di "una certa acqua negra, la quale suole levarli da ogni pensiero". Maestra nel fiutare affari, la Serenissima comincia a importare dall’Oriente caffè a sacchi. E nel 1645 apre a San Marco la prima "bottega del caffè" d’Europa, destinata a diventare un’istituzione: al punto che nella sola città marciana un secolo dopo le caffetterie sono già più di duecento. L’immancabile gruppo di cattolici tradizionalisti si appella perfino al Papa perché metta al bando quella che viene bollata come "la bevanda del diavolo"; ma le cronache segnalano che il pontefice, dopo aver sorbito un delizioso caffè per verificare "de visu" l’accusa, abbia risposto che l’unico peccato sarebbe stato quello di lasciare il piacere di berlo ai soli infedeli. Per passare dalla classica tazzina al cappuccino bisogna attendere la fine del Seicento, quando un frate friulano, padre Marco d’Aviano, già diventato un vip dell’epoca per aver convinto gli Stati europei a coalizzarsi contro la minaccia turca giunta fin sotto le porte di Vienna, si reca nella capitale austriaca ed entra in una bottega vicina al duomo di Santo Stefano. Incuriosito, assaggia un caffè (che non conosceva), lo trova troppo forte, e chiede al barista di aggiungerci del latte. L’uomo al banco lo accontenta, assaggia a sua volta la bevanda modificata e la trova squisita, dà un’occhiata al saio del sacerdote che è quello dei frati cappuccini, e su due piedi decide di battezzarla "kapuziner". Contemporaneamente entra in scena quello che siamo abituati a chiamare cornetto. Quando dopo due mesi di assedio a opera dell’esercito turco comandato da Mustafa Pasha, Vienna nel 1683 viene liberata dalla coalizione guidata dal re di Polonia Giovanni Sobieski, per celebrare la vittoria i fornai confezionano un dolce a base di uova, farina, burro, zucchero, lievito e acqua tiepida cui mettono il nome di kipferl, che in austriaco significa mezzaluna; insomma, mangiarlo diventa una sorta di esorcismo, come papparsi il turco. Il prodotto è così buono da fare rapidamente il giro d’Europa, assieme a caffè e cappuccino, partendo dalla Francia dove presumibilmente lo esporta Maria Antonietta d’Asburgo, quando nel 1770 va in sposa a Parigi a Luigi XVI; i fornai locali ci aggiungono una generosa dose di burro, e da buoni nazionalisti lo ribattezzano "croissant".

di Francesco Jori