Tipografia, finalmente hai trovato la tua casa

23.12.2018

Approfondimenti

Cosa c’è dietro un libro? Un autore, un’idea, un editore, certo, ma anche tecnologia, capacità, rischio, ossessione, meticolosità, bisogno di esprimersi, comunicazione. Ma, sempre, passione; dietro ogni libro ci sono storie, storie di uomini. Ecco perché questo libro – bellissimo – parte con il piede giusto. I fratelli Antiga (Franco, Silvio, Mario, Carlo e Maria Antonietta) iniziano con un ricordo. «L’8 agosto 1968, a Padova, comprammo una piccola macchina da stampa d’occasione, due banconi di caratteri e un tagliacarte verde chiaro con un grande volano che veniva azionato manualmente. Nostro padre, all’epoca, era appena andato in pensione; con un gesto che ancora oggi ci commuove, non esitò a ipotecare la modesta casa di famiglia, suo unico avere, per consentire ai figli l’avviamento del minuscolo laboratorio». Sarebbe diventato le Grafiche Antiga, segno nobile della tipografia italiana e non solo: un’impresa da caso di studio. Ma tutto, l’innovazione, la qualità, la voglia di far meglio, parte da lì. E, ora, trova degna chiusura del cerchio: «Questo libro sintetizza la passione e i sacrifici sostenuti per amore e riconoscenza verso il nostro mestiere». Questa frase, che chiude la prefazione, andrebbe scolpita a caratteri capitali in ogni impresa, e, massimamente, quelle che hanno a che fare con il libro. Passione, sacrifici, amore, riconoscenza, mestiere. Non c’è, davvero, bisogno d’altro.

Poi, ecco la nascita di Tipoteca Italiana di Cornuda, dalle parti di Treviso – idea, realizzazione e luogo bellissimi –, uno dei più importanti musei al mondo sul tema, cui gli Antiga danno vita nel 1995 per dare un senso “storico” al loro lavoro e preservare, promuovere e tramandare quel sapere e quel patrimonio che è la tipografia italiana tutta, non la loro. Tipoteca. Una storia italiana (cartonato con cofanetto, 320 pagg. con 238 immagini e ottimi inserti stampati in tipoimpressione, it/ing, € 90,00) è il festeggiamento per i 50 anni di una attività ininterrotta, e, di più, la testimonianza di una storia che viene da lontano e, contrariamente a quello che si pensa, ha, può avere, un futuro.

Questi “dinosauri” che riposano sotto le travi della Tipoteca, macchine da stampa di tutti i tipi (e che bel caso di ambivalenza della parola!), linotype, monotype, torchi, caratteri di legno (collezione tra le più importanti al mondo) e piombo, una manualità che è il sale del lavoro, insieme all’ingegno nel progettare la soluzione giusta ad ogni libro (di cui, alla fine, viene dato un dietro le quindi: ecco, tutto torna, il making of di un libro che racconta come sono nati i libri…), sono segno, appunto, di amore, passione, riconoscenza. Le foto, le parole (contributi importanti, e tra questi ci sono fior di autori competenti come James Clough, Jost Hochuli, Lucio Passerini, Enrico Tallone) restituiscono con compiutezza lo sforzo di comunicare quanto fatto. Il compianto Cesare De Michelis dà un contributo partecipato. Eppure, per una volta, non sono d’accordo con il suo incipit. Dice che «le glorie della tipografia appartengono alle arti, certo minori rispetto a quelle cui presiedono solenni le Muse…». Anche no. E, questo libro, e i molti usciti da queste macchine, stanno lì a dimostrarlo. A chent’annos!, come si dice dalle mie parti.

 

(Stefano Salis, «Il Sole 24 Ore», Domenica 23 dicembre 2018)