Festa per i novant’anni di Andrea Zanzotto poeta del nostro tempo

10.10.2011

Il Piccolo

Fra le iniziative editoriali per il compleanno del più grande lirico italiano vivente "Tutte le poesie" e "Il cinema brucia e illumina" a cura di Luciano De Giusti

«Cossa de pi bel che stusarse/ cussìta vecio che tu sé tornà tosatel/ anzhi ancora pi indrio,/ par mocàrtela quacio/ inte ‘n bòcol lidiero, la not de Nadal» ovvero «Che di più bello che spegnersi/ così vecchio che sei tornato bambino/ anzi ancora più indietro,/ per svignartela quatto/ in una bolla leggera, la notte di Natale». Così Andrea Zanzotto in una lirica dedicata al grande Charlie Chaplin (1899-1977) pubblicata nella raccolta "Idioma" (1986), che testimonia la passione per il cinema del poeta veneto, che oggi compie novant’anni, e dal suo eremo di Pieve di Soligo avrà certo accolto con piacere il Nobel della letteratura assegnato a Tomas Tranströmer. Se l’ottantenne svedese è definito "il poeta dei silenzi", Zanzotto lo è soprattutto del paesaggio. Li accomuna eclettismo nella sperimentazione linguistica, e la passione per gli "haiku", essenzialità con cui colgono gli sguardi e i sentimenti, le angosce e le ossessioni del nostro tempo.
Per quanto riguarda Zanzotto, il maggior poeta italiano vivente, lo testimoniano le sue raccolte di versi – dall’esordio nel 1951 con "Dietro il paesaggio" via via attraverso libri come "Fosfeni", "Vocativo", "La beltà", " Elegia e altri versi", "Conglomerati" i suoi articoli e saggi critici, le prose ("Sull’Altopiano"). Sempre sperimentando le potenzialità del linguaggio, dialetto compreso, passando dal paesaggio esteriore a quello interiore, al montaliano "male di vivere", che lui stesso ha provato. Fobie, fisime, senso panico, al quale si sono aggiunti gli acciacchi della vecchiaia, che solo gli affetti famigliari (e i farmaci) lo aiutano a sopportare, senza tuttavia eliminare l’amarezza di non poter «compiere la più minuta/ azione senza che il tempo/ venga a riscuotere, usuraio atroce/ la sua parte, con interessi/ sempre più spropositati/ esponenziali, demenziali…». Zanzotto non vede l’ora che la giornata finisca: «Io sono grato a quanti si ostinano a festeggiare il mio novantesimo compleanno come se si trattasse di un chissà quale traguardo raggiunto – ha scritto l’altro giorno sul "Corriere della Sera": – ma il problema è che sono troppo vecchio!». Già per gli ottant’anni – ricorda Marzio Breda – aveva detto che «un remaking di tutta una vita può essere deleterio, perché il passato che ti ritorna in blocco tende a inibire il futuro». Abbia pazienza. Gli vogliamo bene. Sopporti anche il vortice di iniziative per il nuovo anniversario. Soprattutto editoriali: dall’Oscar Mondadori con "Tutte le poesie" (pagg. 1312, euro 18,00) al bel volume "II cinema brucia e illumina" (Marsilio, 178, euro 18,00) a cura di Luciano De Giusti, edito da Marsilio, che raccoglie articoli e saggi dedicati al cinema, fino all’album di versi e immagini "Zanzotto: nessun consuntivo" (pagg. 112, euro 10,00), curato da Carlo Ossola in collaborazione con i figli del poeta, Giovanni e Fabio, per Antiga edizioni, e al numero monografico su di lui – "Per i novanta di Andrea Zanzotto. Studi, incontri, lettere, immagini" – proposto dalla rivista "Autografo 46" (Interlinea). Questa mattina il grande vecchio della poesia italiana parteciperà in collegamento video al convegno in suo onore che si tiene al Caffè Pedrocchi di Padova (città dove si è laureato nel 1942 e di cui è cittadino onorario). «Ci sono troppe cose che si ammucchiano insieme per essere ricordate. Però, nonostante tutto, si cerca di passare le porte di questo labirinto». E all’Ansa si dice convinto che ci sia «ancora spazio per la poesia». Ma in quest’Italia-mondo che ha ben poco da festeggiare, dovremmo in primo luogo raccogliere il suo auspicio: «Non esiste una storiografia più precisa della poesia: noi sappiamo di più, forse, della realtà del mondo antico attraverso un frammento di vissuto "salvato" dalla poesia che attraverso la ricerca archeologica». Anche per ritrovare l’umanità e il senso della misura nel nostro rapporto con la Natura, per invertire la rotta finché siamo in tempo, per far fronte alla crisi globale, che non è solo economica e finanziaria, anche se si identifica nel collasso (da lui previsto; i poeti sono anche profeti) del "turbocapitalismo"; per allentare la morsa di quel "progresso scorsoio" che ci sta soffocando, dello "sfacelo morale ", della difesa del paesaggio. Dietro il paesaggio di Zanzotto affiorano non solo ricordi ma pure immagini in movimento, come quelle del cinema, un’arte e un linguaggio al quale ha dedicato sempre la sua attenzione, collaborando anche con Federico Fellini, quale consulente alla sceneggiatura per il dialetto veneto, per film come "Casanova" (1976), "E la nave va" (per cui ha scritto i verdi dei cori), "Amarcord", "La città delle donne" dell’80, in cui la Motociclista, interpretata dalla triestina Jole Silvani, parla in dialetto veneto con accenti e cadenze giuliane, per cui fu coinvolto anche Claudio Magris, che suggerì per esempio la filastrocca: «Un ovetto picinin tira sempre su el drindrin, poi vien fora el pulesin un das Ganze ist wieder hin!». Il rapporto con Fellini comprende anche due progetti mai realizzati: "Il viaggio di G. Mastorna" e un filmato su Venezia, in cui il grande regista immaginava una città lagunare predata dal proprietario delle televisioni mercificanti che si stava impadronendo dell’Italia: «Il re delle televisioni private sta comprando quasi tutta Venezia, compra l’Arsenale, la Madonna della Salute, i palazzi più belli e i principali alberghi. È tutto suo, e vuole fabbricare un Bucintoro e attraversare il Canal Grande ribattezzato Canale Cinque». Nel dna di Zanzotto c’è, dunque, anche il cinema e in generale l’audiovisivo. La sala cinematografica come luogo di sogno collettivo, dove la comunità dei sognanti si raduna. «Il poeta – conclude Luciano De Giusti nel libro curato per Marsilio – auspica che le sale ritornino, anzi si dice convinto che torneranno, e si augura che il cinema resista, come spera resista il dialetto, "vecio parlar" che ha "nel suo sapore/ un gocciolo del latte di Eva" (Filò). Il suo sogno è che il cinema resista come luogo del sogno». Nel giorno del suo compleanno, è forse questo l’augurio che possiamo fare ad Andrea Zanzotto, che nella sua casa a Pieve di Soligo aspetta con pazienza che passi la buriana dei 90: «Ho sempre detestato questa mia sedentarietà, anche perché ha un aspetto patologico. Io ho fatto del luogo in cui risiedo, ai piedi delle colline dell’alto Veneto – oggi deturpate – una specie di rifugio catafratto. Per cui si sta come in una catacomba, anche se gradevole (oggi no, non più, è diventata sgradevole e velenosa) da cui si poteva gettare l’occhio su mondo».

di Renzo Sanson

PREMIO

Oggi riceverà a Pieve di Soligo il "Leone del Veneto" 2011

Oggi nella sua casa di Pieve di Soligo (Treviso) il presidente del consiglio regionale del Veneto Clodovaldo Ruffato assegnerà al decano dei poeti italiani il "Leone del Veneto" 2011.
La consegna del premio sarà trasmessa in diretta televisiva su Sky. Sempre oggi la Regione, l’Università e il Comune di Padova renderanno omaggio a Zanzotto – che interverrà in videoconferenza – con un convegno in sala Rossini del Caffè Pedrocchi, nel corso del quale sarà presentato il volume "Nessun consuntivo" edito da Antiga Edizioni a cura di Carlo Ossola. Il volume, introdotto da una lettera del capo dello Stato Giorgio Napolitano, propone una scelta di poesie di Zanzotto e di testimonianze intellettuali artisti con i quali ha collaborato.