Dentro piccole scatole il fascino portatile delle icone etiopiche

23.07.2011

[Il Piccolo]

MOSTRA a Pordenone

In esposizione a Palazzo Cossetti fino al 21 ottobre una rassegna di quaranta capolavori realizzati tra il XVI e il XVIII secolo

di Giuseppe Barbieri

Non si stupiscano coloro che usciranno affascinati dall’atrio di Palazzo Cossetti dopo aver ammirato alcune decine di antiche icone, per lo più di piccolo formato: portatili. La storia stessa di questo genere artistico prende avvio con una sfolgorante apparizione. Negli Atti della vita di Krestos Samra, una santa etiopica vissutatra XIV e XV secolo, è riportato infatti il più antico riferimento all’uso di icone portatili o pendenti nella tradizione del Paese africano. Mentre la santa era in preghiera le apparve il Cristo: recava in mano una tavoletta dipinta, che appese al collo della donna. Gli Atti precisano: «E sopra vi era dipinto l’Antico di giorni». Quella tavoletta era dunque un’icona, perché recava un’immagine sacra, perché non era stata dipinta da mano d’uomo. Nella tradizione biblica ebraica l’"Anticodi giorni" è soprattutto un attributo dell’Eterno; in quella cristiana invece viene più spesso riferito al Figlio di Dio, anche in tenera età, anche fra le braccia della Madre. Se teniamo conto della straordinaria importanza che il culto della Vergine assume nella religiosità etiopica e del fatto che era stato il Cristo a recare il dono alla santa, è probabile che Gesù avesse portato a Krestos Samra proprio la sua stessa immagine, raffigurata secondo un assetto non troppo dissimile da quello che compare nel manifesto della mostra di Palazzo Cossetti, sede della direzione generale di Banca Friu1Adria-CréditAgricole a Pordenone.
«E sopra vi era dipinto l’Antico di giorni» è dunque anche il titolo prescelto per questa rassegna, che non ha precedenti in Italia: un’affascinante sequenza di circa 40 "icone portatili" etiopiche, realizzate in un arco temporale che va dal XVI al XVIII secolo. Dopo i più rari presupposti quattrocenteschi, è il periodo in cui nell’Impero del Leone tale genere espressivo si radica e si diffonde, per lo meno tra i ceti nobili e presso l’alto clero; i semplici fedeli e i monaci dovevano accontentarsi di strisce di pelle piegate, con qualche immagine sacra; è questa l’epoca in cui l’icona portatile diventa, con le limitazioni sociali appena accennate, un accessorio quotidiano e prezioso, uno strumento di intercessione e di protezione. Oggi questi segni, di intensissima freschezza, di sfavillante cromaticità, con una figuratività solo apparentemente "primitiva" (dato che molte icone risentono di precedenti esiti dell’arte europea, in particolare italiana e portoghese) forniscono l’occasione per sintetizzare figurativamente – nelle piccole dimensioni di queste tavolette di legno duro, incise nella parte esterna e dipinte all’interno – l’immaginario religioso di un popolo, le radici di una tradizione artistica, gli imprestiti e le influenze che l’arte occidentale ha esercitato su di essa. La mostra presenta anche alcune icone di dimensioni più ampie, in cui i soggetti più frequenti della tradizione iconica dell’Etiopia cristiana (non copta: la chiesa cristiana d’Etiopia è una delle più antiche del mondo e deriva direttamente dalla predicazione dei primi discepoli di Gesù) si articolano con maggiore complessità: in questo caso si tratta infatti principalmente di "trittici", che di norma recano al centro la figura della Vergine (più raramente di un santo) e sui pannelli laterali le scene fondamentali della vita di Cristo, della salvezza dell’umanità. Per la verità anche quelle portatili si concentrano sostanzialmente sugli stessi temi. Come ricorda il cardinale Angelo Scola nell’introduzione al bel catalogo della mostra, le raffigurazioni costituiscono una sorta di essenziale "archivio della fede": il Cristo crocefisso e risorto, Maria, la lotta tra il Bene e il Male, la testimonianza dei santi, il ruolo di grande intercessore che spetta a san Giorgio. Nelle icone portatili il repertorio si dispiega tuttavia con qualche inevitabile semplificazione, ma forse ancora più suggestiva. La struttura del trittico lascia il campo a quella del dittico: le icone portatili, infatti, somigliano da chiuse a piccole scatole piatte, decorate da incisioni, e aperte risultano un doppio dittico, dato che di solito sono dipinte double-face. L’obbligatorietà dell’assetto, la necessità dei temi, la reiterazione delle soluzioni sono tutti elementi che sembrerebbero dover conculcare la fantasia di artisti e committenti. Non è così, come gli spettatori di questa mostra possono confermare. Ma c’è anche un altro motivo… La mostra di Pordenone ha una forte impronta multimediale. Chi entra nell’atrio di Palazzo Cossetti trova subito, alla sua destra, una serie di postazioni in cui è possibile acquisire una serie di contenuti che risultano chiavi di lettura di notevole importanza per una più coinvolgente esperienza dell’esposizione. Due anni fa Banca FriulAdria-Crédit Agricole promosse, a Venezia, in partnership con l’Università Ca’ Foscari e la Regione Veneto, la prima importante mostra in Italia sull’arte etiopica cristiana. "Nigra sum sed formosa. Sacro e bellezza dell’Etiopia cristiana" – anche allora a partire da una citazione, del Cantico dei Cantici – ebbe uno straordinario successo, di critica e di pubblico. Inaspettato, visto che ciò che veniva esposto riguardava un paese lontano, un’epoca remota, un tema di appeal non immediato. Il merito di quel successo va ripartito tra l’impegno degli studiosi che seppero tradurre il loro sapere in un percorso suggestivo e coinvolgente, la bellezza delle opere, alcune delle quali tornano in questa rassegna, e una forte attenzione nell’impiego delle nuove tecnologie e di contenuti multimediali, distribuiti all’interno di tutto il percorso espositivo e non in spazi marginali. Bene, alcuni dei materiali proposti per "Nigra sum" sono presenti anche a Palazzo Cossetti, con opportuni adattamenti e integrazioni: segnatamente alcune parti delle interviste che furono appositamente realizzate, due anni fa, con il prof. Stanislaw Chojnacki (1915-2010), decano degli studi sull’arte dell’Etiopia cristiana, recentemente scomparso: tutta la mostra di Pordenone è per certi aspetti un omaggio alla sua memoria, sapientemente confezionato da Gianfranco Fiaccadori, dell’Università Statale di Milano. Credo infine che lo spettatore apprezzerà il deliberato contrasto tra le ridotte dimensioni delle icone esposte e l’ampiezza di scala con cui vengono presentati, in macrofotografie sia all’esterno della banca che all’interno del percorso, alcune scene della vita spirituale etiopica come pure alcuni particolari delle raffigurazioni.

In luglio e agosto apertura anche di sera
Fino al 21 ottobre Banca Popolare FriulAdria propone a Palazzo Cossetti di Pordenone la mostra "E sopra vi era dipinto l’Anticodi giorni", un’affascinante ed inedita sequenza di quaranta "icone portatili" etiopiche, dal XVI al XVIII secolo. Il catalogo della mostra (pubblicato dalle edizioni Terra Ferma) è bilingue (italiano/inglese) e contiene un’introduzione del Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola. Il volume sarà oggetto di approfondimento in un incontro che verrà organizzato all’interno di Pordenonelegge. Orario della mostra per il pubblico: da lunedì a venerdì 8.30-13.30 e dalle 14.30 alle 18.30. Giovedì di luglio e agosto anche alla sera dalle 20.30 alle 23.