Venetia Fragrans

08.10.2014

Spesso è nelle piccole cose che una cultura esprime la sua grandezza, che una tradizione meglio fa conoscere il suo radicamento. Per questo l’ultimo lavoro di Ulderico Bernardi, storico, letterato e sociologo, inizia proprio da un piccolo particolare che illumina sull’influsso della cultura veneta nel mondo. L’universale “ciao” con cui, dalle antiche lettere alle attuali mail, moltissimi, italiani e non, salutano e congedano gli amici. Quattro lettere che sono l’estrema abbreviazione di un tradizionale saluto della Serenissima Repubblica Veneta: “S’ciavo vostro”. Così è stato per l’uso della forchetta sulle nostre tavole, diffuso da Venezia a partire dall’XI secolo. Ora, proprio la produzione e il consumo alimentare sono l’ultimo ridotto dell’identità culturale a cui si legano le comunità. Il libro di Bernardi è dunque un’introduzione per meglio conoscere l’intricato sistema culturale veneto costruito intorno a Venezia, fin dalle origini luogo di incontro di mondi lontanissimi. Oggi è di moda usare il termine meticciato per definire il prodotto di questo incontro tra diversità: termine non adatto per rendere il fenomeno nella sua complessità. Il rapporto interculturale sembra indirizzarsi verso un venire meno dell’identità in una miscela irriconoscibile. In realtà il processo culturale, partendo sempre da un radicamento, costruisce nuove identità e nuovi innesti perché il soggetto è sempre l’uomo e la sua esperienza e mai un concetto astratto. Come giustamente scrive Bernardi: “È sulle piccole cose, sui particolari e sulle generalità, che l’identità di un popolo si definisce. Nella lezione biblica il profeta Elia intende la parola del Signore non nel vento grande e gagliardo che scuote le montagne e spacca le pietre, non nel terremoto o nei roghi, ma nel sussurro della brezza leggera (Re I, 19,11-13)”. Senza anguille, luganeghe, radicchio, grappa, Raboso, anche il Palladio, San Marco, il Tintoretto, Tiziano sarebbero incomprensibili. Si tratta di ripartire dal positivo della realtà in cui viviamo e lavoriamo pur essendo in un mondo che riduce l’uomo e le sue potenzialità.

Mediterraneo (Estate 2014)