La seconda venuta del Cristo elettrico

09.04.2014

Un romanzo uno e trino, o semplicemente doppio, che torna a rivivere in formato digitale: la nuova scommessa di Lello Voce, tra i massimi poeti orali della nostra penisola. Ma quindi che ci fa un poeta con un romanzo digitale in mano?… Gliel’abbiamo chiesto. È il 1999 quando Lello Voce, poeta, giornalista, performer, ex Gruppo ’93, pubblica Eroina (Transeuropa). Non si tratta di uno dei suoi libri-cd di poesia, bensì di un romanzo. Nel 2002 segue Cucarachas, scritto interamente in diretta streaming su RaiSatZoom (No Reply, qui il testo completo in Rtf, copyleft).

Poi il 2014 è l’anno del “secondo avvento” de Il Cristo Elettrico, inizialmente edito da Derive Approdi nel 2007, ora riproposto in formato digitale in una nuova veste editoriale. Un romanzo “uno e trino”, perché terza prova in prosa che in realtà si presenta come una sorta di intreccio delle precedenti, nonché il suo unico, ultimo e definitivo (?) romanzo. La nuova strana sfida del pioniere del Poetry Slam in Italia, artista della spoken music di levatura mondiale, fondatore della rivista Baldus e del World Poetry Movement. 

Insomma, tutte buone ragioni per farci spiegare direttamente da Lello Voce, napoletano di nascita ma trevigiano d’adozione, un paio di cosette.

Come mai una nuova edizione de Il Cristo elettrico e soprattutto perché hai scelto l’ebook come formato, quale supporto? Per quanto riguarda il Cristo Elettrico in sé (che riunisce due testi usciti separatamente, Eroina e Cucarachas), è stata un’occasione che mi è stata data da Roberto Ferrucci e Tiziano Scarpa che per la casa editrice veneta Terra Ferma curano una nuova collana di ebook che si chiama Collirio e che ha lo scopo di proporre al pubblico alcuni testi a loro avviso interessanti ma che non sono più reperibili in edizione cartacea. Questo mi ha dato l’occasione di lavorare nuovamente sull’intreccio dei capitoli. Qualcosa infatti era stato lasciato in sospeso.L’ebook invece è perché credo sia la prossima frontiera. Quello che sta per svanire non è lo scritto in sé, ma la forma libro per come la conosciamo. Del resto la scrittura ha abitato vari supporti nel tempo: dalla pietra al legno, dall’argilla alla carta-pecora… Per cui io credo che sia arrivato il momento di confrontarsi anche con questo tipo di diffusione di un testo. Tra l’altro devo dire che sono rimasto molto contento, perché Terra Ferma è un editore che pone la stessa cura di un libro in un ebook che ha ovviamente delle caratteristiche fisiche diverse. Per cui i loro ebook risultano davvero molto raffinati ed è perciò strabiliante, dal punto di vista della tecnologia, la potenzialità di sostituzione nei confronti del supporto classico.

Questa nuova edizione presenta un nuovo intreccio, una nuova composizione della storia a livello temporale. Come mai questa scelta?
 Mi sono accorto che qualcosa non andava. Ho compreso poi che il romanzo doveva necessariamente cominciare con l’ultima lettera di Enrico dallo scoglio-galera alla madre. Perché tutti i personaggi di questo testo devono essere morti nel momento in cui il lettore, tramite Eroina, comincia a conoscerli. Questo perché il circolo temporale di Eroina, che va in progressione, al contrario di Cucarachas che invece regredisce, collaborano per presentare un circolo che deve necessariamente chiudersi dall’inizio, perché tutto è già accaduto. Sarà perché ho questa ossessione pirandelliana che la vita non conclude, non c’è un finale. Come dico io: la vita non va a finire. In una storia che raccontiamo stiamo in realtà celando milioni di altre storie. La vita non è un intrecciarsi di eventi accuratamente programmati, ma un caos di azioni incontrollate e incontrollabili che ci spingono in direzione a volte anche contraria rispetto alle nostre intenzioni. Un romanzo quindi è per forza e sempre finzione, omissione e soprattutto è selezione di cosa raccontare, perché non ha la capacità di contenere l’infinito numero di variabili che sono in gioco nella vita. Quello che narriamo è una sorta di maschera, di sipario che cela ciò che stiamo tacendo, perché non riteniamo necessario dirlo. Insomma è una menzogna. La vita è così, non può essere davvero messa in carta. Mi ricordo un’intervista ad Andrea [Zanzotto, ndr] durante la quale l’intervistatore, in occasione dell’uscita dell’Oscar [Andrea Zanzotto, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, ndr], gli chiese: «Maestro, ma lei cosa ha capito, ora che è anziano, lei che ha scritto tanto, della vita?» e Andrea lo guardò come per dire ma questo è mona e rispose: «Ma io ovviamente non c’ho capito nulla».

Tu sei stato innovativo per quanto riguarda la stesura di Cucarachas.
 Sì, l’ho scritto utilizzando dei sistemi di assistenza di computer a distanza. Era l’epoca della nascita del Grande Fratello, perciò questa operazione suscitò diverse polemiche. Quando mi mettevo a scrivere Cucarachas, mi collegavo al server Rai. Capitava così che chi avesse la fortuna di connettersi al server Rai in quel momento, avesse una duplice visione: vedeva me con una piccola telecamera intento a scrivere, ma anche mentre che ne so, mi mettevo le dita nel naso, un po’ a prendere per il culo i guardoni televisivi; soprattutto, però, la maggior parte dello schermo era impostata sul mio desktop e quindi si vedeva in diretta quello che io stavo scrivendo. Questo perché io ho sempre un po’ d’orrore per le cose morte, perciò presumo di aver sentito la necessità di portare la scrittura del romanzo ad una sorta di performance.

Eroina e Cucarachas, ossia il Cristo elettrico, sono nati insieme nella tua testa? O hanno visto la luce in due momenti diversi e solo poi hai capito che erano gemelli?
 I romanzi erano nati insieme dall’inizio, ma intrecciati male, con l’idea di un andare avanti e indietro nel tempo narrativo. Poi capii che qualsiasi romanzo ha un solo argomento: lo scorrere del tempo. La poesia è un arte nel e del tempo, mentre il romanzo è una riflessione su come il tempo scorre e su come lo percepiamo. Comunque sia era intrecciato male. Così lo diedi a Balestrini, che in treno prese il manoscritto – l’episodio per me è indimenticabile – e lo guardò. Dunque cominciò a strapparne le pagine. Io ovviamente rimasi zitto. Poi mi restituì il manoscritto e mi disse: ecco il tuo romanzo. E il romanzo era Eroina e aveva assolutamente ragione. Perché il testo diveniva così un perfetto romanzo d’azione. Tipo A bout de soufflé di Godard, per fare un esempio cinematografico. Così continuai a lavorarci su e il prodotto finito fu, appunto, il primo dei due – dei tre, dei quattro se vogliamo – episodi della testimonianza di Enrico. Lo diedi alla Bompiani, che prima lo accettò salvo poi rifiutarlo e mi propose invece di mandare un lavoro di poesia; lo diedi alla Einaudi, ma anch’essa prima lo accettò e successivamente si tirò indietro. Alla fine fu preso dalla mitica Transeuropa, allora diretta da Canalini, che lo pubblicò. Ma tra le mani mi erano rimasti i brandelli tagliati… Che a me, in sé, piacevano. Che farne? Allora decisi, visto che il romanzo non me lo avevano pubblicato tutto, che la mia vendetta contro questi idioti di editori, sarebbe stata una sorta di performance ‘romanzesca’. Avrei scritto anche il secondo romanzo, lo avrei pubblicato separatamente, ma poi tutto si sarebbe unito, prima o poi: così sarebbe nato un terzo romanzo, che però avrebbe dovuto essere qualcosa di più della somma dei primi due. L’idea dell’intreccio con un testo che va in senso temporalmente contrario all’altro è nata così… E così ho riscritto Cucarachas che poi è stato pubblicato da Derive Approdi, che non è affatto un editore idiota sia chiaro, in una delle sue bellissime collane nella quale ci sono moltissimi libri che andrebbero riletti. Uno su tutti Il Verbale di Marco Berisso di cui nessuno parla. Tre anni dopo, perché mettere le mani su un romanzo è un impegno greve, mi sono dedicato all’intreccio di questi due episodi che sono poi usciti sotto l’ala del Cristo Elettrico per No Reply.

Pensi di scrivere ancora romanzi? Ma nemmeno per sogno… Lo dico anche nella prefazione al Cristo Elettrico, ora diventata definitivamente una postfazione nella nuova edizione, che cita Manzoni il quale affermava che di romanzi nella vita ne basta uno, buono o cattivo che sia, e se lo diceva Alessandro che di romanzi qualcosa ne capiva – può piacere o non piacere, a me personalmente piace moltissimo, però di romanzi sicuramente ne capiva – allora che mi metto io a scrivere un altro romanzo? Ma nemmeno per idea. Continuo a scrivere racconti brevi quello sì, mi divertono, mi coinvolgono e uno ogni due o tre anni non può che farmi bene. Romanzi no, basta. Anche perché siamo in un Paese dove sembra che se non scrivi romanzi sei un coglione, tutti a scrivere romanzi e a invadere le librerie con delle porcherie. Il vero problema dell’editoria italiana non è tanto tutto quello di buono e anche ottimo che non pubblica, ma la marea di cartaccia inutile con cui occupa tutti gli scaffali delle librerie.D’altra parte molti degli autori di romanzi italiani (e non solo italiani) si sono ormai ridotti ad essere loro stessi dei personaggi, le loro opere sono solo un evento secondario, una digressione della linea narrativa principale, che è il loro successo mediale…

a cura di Nicolas Cunial

Con altri mezzi, associazione riviste online narrativa (8 aprile 2014)