Un Tiziano nascosto dentro il Martirio A raccontarlo è il volume “La notte di san Lorenzo” che è curato da Lionello Puppi e Letizia Lonzi

13.06.2013

Il “Martirio di San Lorenzo” della chiesa dei Gesuiti di Venezia è uno dei più potenti e suggestivi notturni mai realizzati da Tiziano. Di recente restaurato, è un dipinto estremamente complesso, ricco di citazioni storico-artistiche e di più o meno celati riferimenti alla contemporaneità del suo autore. A tale capolavoro è stato dedicato un prezioso volume, edito da Terra Ferma, che verrà presentato oggi, alle 17, nell’Aula Baratto dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. La pubblicazione, intitolata La notte di San Lorenzo. Genesi, contesti, peripezie di un capolavoro di Tiziano, è promossa dal Distretto 2060 del Rotary International ed è curata da Lionello Puppi e Letizia Lonzi. Oltre a quelle dei curatori sono molteplici le voci che si avvicendano nella descrizione e nell’interpretazione dell’opera, analizzandola da diversi punti di vista, volti ad accertare le ragioni della committenza, il contesto storico e culturale, l’esatta iconografia e l’identità dei protagonisti, compresi alcuni autentici "gossip" dell’epoca.

Tra le novità più sorprendenti che sono emerse nel corso dell’ultimo restauro ci sarebbe l’autoritratto del pittore «a malapena percettibile quasi ombra dall’ombra. ma inequivocabile», come scrive Lionello Puppi. Il volto del pittore, di profilo e coperto da uno strano "berrettaccio", simile a quello che compare nell’autoritratto di Hannover, si sarebbe reso riconoscibile tra le due figure di sgherri che alimentano il fuoco della graticola su cui il santo subisce il martirio ; di per sé si potrebbe riallacciare ai vari casi in cui Tiziano "mette la propria faccia" tra i personaggi delle sue opere come accade nella "Deposizione di Cristo" del Prado, nel "Supplizio di Marsia" del Castello di Kromeriz o nella "Pietà" delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.

E tuttavia questa “apparizione” dell’autore accanto a San Lorenzo assumerebbe un significato del tutto particolare, da ricollegare alla committenza e in particolare alla figura di Elisabetta Querini, donna indipendente, colta, raffinata, ricca di fascino, di cui si sarebbero invaghiti il letterato Pietro Bembo, che le dedicherà alcuni sonetti, e monsignor Giovanni della Casa, giunto a Venezia nel 1544 quale nunzio apostolico. Forse neppure Tiziano poté rimanere indifferente all0avvenenza di Elisabetta, ritraendola almeno in due occasioni; sicuramente non rimase indifferente alla sua vicenda familiare. Va infatti ricordato che la pala di San Lorenzo fu commissionata a Tiziano intorno al 1546 da Lorenzo Massolo, di famiglia nobile seppur non il lustre, per decorare la propria cappella funeraria nella Chiesa dei Crociferi situata nel sestiere di Cannaregio a Venezia. Quando, tredici anni dopo, l’artista consegna l’opera, il suo committente è ormai morto. A sollecitare il completamento dell’arca, dell’altare e della pala dovette quindi essere la consorte del Massolo, Elisabetta Querini.

Puppi avanza l’ipotesi secondo la quale la gentildonna potrebbe aver comportato motivi di ispirazione ed anche di collaborazione con il pittore, ricoprendo, per così dire, il ruolo di “archaeological adviser” di Tiziano. Lo studioso osserva come, ad esempio, per la statuetta in mano alla velata, raffigurata sulla sinistra della tela, l’autore avrebbe potuto ispirarsi alle immagini delle monete galbiane possedute dalla famiglia Querini. Nella medesima figura della statua velata, inoltre, il pittore avrebbe potuto ritrarre la stessa Elisabetta, nelle sembianze della dea Vesta.

Ma un’altra presenza si affaccia tra i personaggi del dipinto rivelando la sua scottante identità: è quella del biondo e riccioluto bimbetto dalla tunichetta verde che appare alquanto spaurito tra le gambe dei soldati. Questi sarebbe il piccolo Quirinetto che sin dal nome rivela il legame con la famiglia di Elisabetta e del quale sarebbe certo il padre, monsignor della Casa, incerta invece la madre. Augusto Gentili nel suo saggio cita, dei fatti, la versione “politically correct” secondo la quale Elisabetta avrebbe adottato il frutto della relazione tra il monsignore e una cortigiana romana in nome della sua generosità e dell’amicizia che la legava al monsignore; ma anche la versione più “scorretta”, e forse più plausibile, per la quale la madre adottiva sarebbe stata in verità anche la madre naturale. Lo stesso bimbetto, un po’ più cresciuto, sempre vestito di verde, comparirebbe pure nella seconda versione del “Martirio di San Lorenzo” che Tiziano realizza tra il 1564 e il 1567 per Filippo II, destinato all’Escorial: “una follia pittorica decisamente attraente, oltre che un ottimo esempio di come si allestisce una replica”, secondo Gentili. Non poteva mancare l’attenta relazione sul restauro condotto dal Laboratorio di Nicola Restauri di Aramengo, che è stato reso possibile grazie all’interessamento della Banca d’Alba.

 

Franca Marri

(Il Piccolo, 12 giugno 2013)