Vicenza, la memoria rimossa delle acque

29.03.2012

[Il Gazzettino]

Il LIBRO

La storia di un territorio all’incrocio tra fiumi e strade, di alluvioni e siccità, battaglie navali e mulini

Sorprende ricordare – mentre si impone nelle nostre regioni un drammatico "allarme siccità" – che molte delle nostre città sono state "città d’acque", e solo una dissennata politica idraulica ne ha "disseccato" l’identità, consegnandole -alternativamente -alle alluvioni e all’arsura. Un segno distintivo della modernità sembra essere infatti la rimozione della memoria delle acque, effetto del progressivo "allontanamento" dei fiumi dalle città e delle città (e i loro abitanti) dai rispettivi fiumi, anche quando i loro letti sono rimasti fisicamente alloro posto.
Il caso di Vicenza è emblematico, come racconta il giornalista Antonio Di Lorenzo nel libro "La memoria delle acque vicentine" (Ed. Terra Ferma, € 15), dove si ricostruiscono, con serietà storica e leggerezza di scrittura, "storie, personaggi, misteri e curiosità nei secoli".
La convivenza fra acqua e terra è scritto nel Dna della città berica, nata dall’incrocio «tra un corso d’acqua e la grande strada Postumia». La sorpresa è che sarebbe difficile, anche per un vicentino, ricostruire quale sia quel corso d’acqua. «Mille anni fa  – racconta infatti l’autore – non era il Bacchiglione ma l’Astico che scorreva sotto il ponte degli Angeli". La storia veneta è piena di queste "migrazioni" di fiumi, utilizzate a volte per scopi bellici, come da Cangrande della Scala che deviò il corso del Bacciglione per allagare il campo (e l’esercito) dei nemici padovani. Ma è in tempo di pace che si dispiega soprattutto quel proficuo rapporto fra uomini e acque oggi dimenticato: dalle pagine del libro riemerge infatti un mondo favoloso in cui il "lago di Pusteria" era talmente largo e profondo da poter ospitare vere e proprie battaglie navali; oppure le acque del Bacchiglione potevano far funzionare qualcosa come 400 mulini, e nel Retrone nuotavano le anguille più saporite di tutto l’impero romano. E – sembra un sogno – il Bacchiglione aveva persino (fino al 1876) le casse di espansione… Che i vicentini del tempo fossero più svegli di noi?

S.F.