Un Canova autentico del 2012

01.03.2012

[Corriere della Sera]

 

Ricostruite le braccia della «Danzatrice con i cembali».
Il restauro del modello originale in gesso mutilato da una granata austriaca nel 1917

 

Un risultato perfetto, dove il massimo errore di misura è nell’ordine di 0,05-0,1 millimetri, quindi invisibile a occhio nudo e impercettibile persino al tatto. Un restauro peraltro reversibile perché, volendo, i due «nuovi» arti possono essere eliminati in qualsiasi momento e senza problemi.
Il modello originale in gesso della Danzatrice con i cembali (1809) di Antonio Canova, conservata nell’Ala Scarpa della Gipsoteca di Possagno (Treviso), torna all’antico splendore con le magnifiche braccia al loro posto quasi cent’anni dopo la granata austroungarica che, durante i cannoneggiamenti del novembre 1917 a ridosso del Monte Grappa, colpì la collezione canoviana e danneggiò molte opere. Tra cui proprio lei, la Danzatrice, che perse entrambi gli arti nonché il bacino e la ciotola, cioè i cembali: tutto in mille pezzi, polverizzato. E sarà sempre lei, la Danzatrice ripristinata, protagonista della mostra «Canova e la danza» che si aprirà dopodomani, sabato 3 marzo, a Possagno. Impossibile, dal punto di vista tecnico, parlare di un falso. Semplicemente perché le braccia recuperate sono il frutto di una scansione in 3D realizzata sulla scultura in marmo, copiata per l’ambasciatore russo a Vienna Andrej Razumovskij, ora patrimonio inamovibile del Bode Museum di Berlino. Come si legge nella relazione tecnica firmata da Ivano Ambrosini, responsabile della ditta Unocad che ha realizzato i rilievi, «in questo impegnativo progetto due tecniche collaudate come l’ingegneria inversa e la prototipazione rapida testimoniano il crescente connubio tra tecnologia e arte, sia nelle metodologie utilizzate che per i risultati ottenuti».
Per i particolari tecnici, nel singolo scan shot due camere in alta risoluzione colore catturano più di 1,4 milioni di coordinate 3D ciascuna. Ancora altri dati: 310 scan shots (cioè scatti su prospettive diversamente angolate tra loro), 8 milioni di punti alla massima risoluzione, diciotto ore di scansione, altre diciotto di elaborazione per l’ottimizzazione del modello poligonale 3D.

La Gipsoteca canoviana è la collezione dei gessi originali del grande maestro, che li realizzava come «originali» per poi passare alla produzione delle copie in marmo, come testimoniano i buchi lasciati dalle «repere», i chiodini-punti di riferimento per permettere ai lavoranti della bottega di riportare col pantografo le misure esatte sul marmo: in questo caso l’opera commissionata dall’ambasciatore Andrej Razumovskij. Sostiene Mario Guderzo, direttore del museo: «Questo risultato si propone come un interessantissimo paradigma non solo per la conservazione, ma anche per il ripristino delle opere d’arte danneggiate. Qui, vorrei sottolinearlo, non stiamo ragionando su un "falso", poiché è tutto perfettamente autentico grazie alla strumentazione elettronica più sofisticata ed efficace esistente sul mercato internazionale. In più le braccia realizzate grazie alle indicazioni della scansione sono perfettamente eliminabili. Quindi l’originale canoviano non solo non soffre di un’aggiunta posticcia, ma ritrova la sua integrità con un intervento non invasivo. E si aprono orizzonti concreti di intervento anche per le altre dieci opere danneggiate nel 1917».
Guderzo ricostruisce due anni di lavoro tra analisi della fattibilità, primi studi operativi, scansione vera e propria («grazie alla cortese disponibilità del Bode Museum di Berlino»). Quanto è costato tutto questo? «Circa 30 mila euro, ma abbiamo potuto contare sul supporto di uno sponsor, la ditta Fassa Bortolo, specializzata in intonaci e in lavorazioni del gesso, che non è intervenuta nel merito, ma ha aderito per interesse legato al proprio lavoro». Il risultato finale, agli occhi di Guderzo, «è anche la cancellazione di una traccia legata all’idea di guerra, di distruzione. In più il pubblico può constatare come oggi esistano mezzi e strumenti non solo per conservare i beni culturali, ma anche per riportarli alla loro antica bellezza, seguendo con la dovuta attenzione tutte le regole per un buon restauro».
Come spiega il restauratore dell’opera Giordano Passarella, «per fissare le parti ricostruite alla scultura sono stati inseriti dei perni in alluminio e acciaio (maschio-femmina) fissati con resina epossidica», quindi «niente materiali collanti, e immediata reversibilità». Durante l’operazione di ripristino sono state rimosse le tracce di altri interventi di restauro, tentati negli anni Venti dal restauratore Stefano Serafin.
Nelle Memorie (1890) del pittore Francesco Hayez si trovano parole di grande ammirazione per la «modernità» di Canova, per la sua capacità di realizzare una vera e propria «fabbrica di multipli» in marmo di incommensurabile qualità, alla guida di una squadra di operai specializzati. E addirittura oggi, nel 2012, da quel modernissimo Canova arriva una lezione per la contemporaneità.

Paolo Conti